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Ingresso in politica di Silvio Berlusconi Stampa
Venerdì 14 Dicembre 2012 15:25

L'ingresso in politica di Silvio Berlusconi, noto anche come «discesa in campo», avvenne il 26 gennaio 1994, e fu reso noto attraverso un messaggio televisivo preregistrato dello stesso Berlusconi, della durata di 9 minuti, inviato a tutti i telegiornali. Tuttavia Berlusconi lavorava a questo passo fin dall'estate 1992 ed era parte del dibattito politico fin dal luglio 1993

Ad appena due mesi dall'annuncio, alla guida di Forza Italia, Berlusconi vinse le elezioni politiche del 27 e 28 marzo 1994. L'espressione "discesa in campo" fa riferimento ad analoghe espressioni idiomatiche della lingua italiana relative a metafore tradizionalmente belliche (campo di battaglia) e recentemente calcistiche come "entrare in campo" ed "entrata in campo".

Le motivazioni di questa scelta, la tipologia di campagna elettorale, e le ragioni di questa fulminea vittoria sono in Italia motivo di ampio dibattito fin dagli inizi.


La discesa

Le divisioni all'interno del gruppo Berlusconi

Gli uomini vicini a Silvio Berlusconi apparvero divisi intorno all'opportunità dell'ingresso in politica dello stesso. Esisteva un gruppo di personalità, capeggiate da Fedele Confalonieri e Gianni Letta, cui si affiancavano anche Indro Montanelli (direttore del Giornale, di proprietà di Berlusconi), Federico Orlando, Maurizio Costanzo, definiti "colombe", che sostenevano l'infelicità della scelta di intraprendere la strada della politica. Un secondo gruppo di persone, i cosiddetti "falchi", Marcello Dell'Utri, Cesare Previti ed Ennio Doris, sostenevano la necessità di un impegno politico in prima persona del Cavaliere.[5] Altri, come Adriano Galliani e Carlo Bernasconi mantenevano una posizione defilata.


Prevale la posizione interventista

Berlusconi permase a lungo in una condizione di profonda incertezza sul da farsi. Il timore di Berlusconi riguardava le possibili accuse relative al conflitto d'interessi e ai rapporti con personalità della mafia, che i nemici politici avrebbero potuto intentargli nel momento in cui avesse scelto la via della politica. In un'intervista al Corriere della Sera del 12 aprile 1996, Ezio Cartotto, giornalista, dipendente di Publitalia '80 e persona vicina al Cavaliere, riferì una confidenza di Berlusconi, il quale, durante un incontro a cui erano presenti il segretario del PSI Bettino Craxi e lo stesso Cartotto, si sfogò dicendo: "Che cosa devo fare? A volte mi capita perfino di mettermi a piangere quando sono sotto la doccia...?".[6] Durante quella stessa riunione Craxi appoggerà l'idea della fondazione di un nuovo partito da parte di Berlusconi, consigliandogli di scegliere un apparentamento con la Lega Nord di Umberto Bossi e con l'MSI-DN di Gianfranco Fini.


Storia dell'ascesa

Silvio Berlusconi sul palco al Mediolanum Forum, nel giugno 1995

Nonostante la sua vicinanza al leader socialista Bettino Craxi, artefice di numerosi interventi legislativi che aiutarono massivamente il consolidamento del proprio network televisivo quale principale, e, per lungo periodo, unico concorrente privato alla tv pubblica, Silvio Berlusconi per lunghi anni non si impegnò mai direttamente in politica, spingendosi a questo passo soprattutto per la paventata ascesa al potere del blocco dei Progressisti, che aveva inserito apertamente nei suoi programmi il ridimensionamento del potere mediatico berlusconiano, nell'ottica di una più equa ripartizione delle limitate risorse televisive.

Nell'autunno del 1993 Berlusconi, dopo una presa di posizione a favore di Gianfranco Fini, candidato alla carica di sindaco di Roma, e, dopo aver invano tentato di persuadere esponenti politici del centro quali Mariotto Segni e Mino Martinazzoli a formare una coalizione moderata per contrastare lo schieramento progressista, decide di scendere direttamente in prima persona nell'arena politica italiana.

Dall'esperienza dei club dell'Associazione Nazionale Forza Italia, guidati da Giuliano Urbani e dalla diretta discesa in campo di funzionari delle sue imprese, soprattutto di Publitalia '80, importante concessionaria di pubblicità, nasce così il nuovo movimento politico Forza Italia, su schemi più prossimi ai partiti americani che non a quelli italiani.

La creazione di Forza Italia ha un notevole impatto sulla scena politica italiana. Con un partito nato ufficialmente solo due mesi prima delle elezioni politiche del 1994, Berlusconi vuole attirare l'elettorato italiano di centro e centrodestra, rimasto senza rappresentanza dopo il dissolvimento dei partiti colpiti dagli scandali di Tangentopoli, in seguito ai quali l'indignazione elettorale aveva decretato la fine della Democrazia Cristiana, principale partito di centro della politica italiana. La scena politica italiana è in fermento: nonostante alcuni analisti considerino tardiva l'entrata in scena di Berlusconi (a soli due mesi dalle elezioni), egli riesce a sfruttare con successo la propria immagine di uomo nuovo, ottenendo la vittoria alle elezioni politiche del 1994.


Il dibattito sulle ragioni

Si apre subito un dibattito sulle ragioni della scelta di Berlusconi che vede contrapporsi sostanzialmente due posizioni, imperniate sulle condizioni economiche e giudiziarie dell'imprenditore milanese: Berlusconi e i suoi sostenitori affermano che la sua enorme ricchezza era ed è una garanzia di onestà, in quanto egli non avrebbe nessun interesse ad utilizzare la politica per arricchirsi ulteriormente, e affermano inoltre che i processi intentati contro di lui siano iniziati solo dopo il suo ingresso in politica, frutto di un complotto dei suoi oppositori che avrebbero cercato di eliminarlo tramite delle persecuzioni giudiziarie. Berlusconi ha inoltre spesso ricordato, sin dall'annuncio del suo ingresso in politica il 26 gennaio 1994 e durante tutta la sua carriera politica, che il motivo principale del suo ingresso in politica era motivato dalla volontà di scongiurare il «pericolo comunista», rappresentato, a suo parere, dalla prospettiva di una vittoria dello schieramento di centrosinistra:

« Nel '94 scesi in campo perché gli eredi dei comunisti stavano per prendere il potere dopo aver scardinato la democrazia con l'uso politico della giustizia.»
(Silvio Berlusconi al Giornale, 30 gennaio 2005, p. 5)

La scelta di Berlusconi, insomma, sarebbe stata dettata dall'amor di patria e da senso di responsabilità: il tentativo politico di Forza Italia è teso a fornire allo Stato l'esperienza di uomini concreti, ricchi dell'esperienza maturata nel mondo dell'impresa ed estranei al passato dei partiti politici, spazzato via dalle inchieste di Antonio Di Pietro

Secondo gli oppositori di Berlusconi, la "discesa in campo" era invece una scelta dettata dalla convenienza personale (finalizzata a salvare le proprie aziende dal fallimento[10] e se stesso dal carcere). Enzo Biagi e Indro Montanelli testimoniano di avere udito affermazioni in tal senso, dallo stesso Berlusconi, fin dal 1993 («Se non vado in politica, mi mandano in galera e mi fanno fallire»)

L'ex democristiano Ezio Cartotto, che ha partecipato alla fondazione di Forza Italia, nel libro da lui dedicato al racconto degli inizi del nuovo partito, riferisce che Bettino Craxi ebbe un ruolo importante nel consigliare e spingere Berlusconi alla scelta di candidarsi e fondare un nuovo partito.


Aspetti imprenditoriali

Berlusconi, acclamato dai suoi sostenitori, si propone come imprenditore capace (portando, a testimonianza di questo, il successo delle proprie aziende), uomo in grado di riformare e ammodernare lo Stato, rendendo più efficiente, veloce e meno costosa la pubblica amministrazione (tramite la sua sburocratizzazione, riorganizzazione e informatizzazione). Ambizioso proposito di Forza Italia è anche quello di un forte ridimensionamento della disoccupazione: vengono promessi da Berlusconi un milione di posti di lavoro.

Alcuni stretti collaboratori di Berlusconi, in alcuni casi, hanno però affermato come sia stata la situazione di difficoltà in cui versava la Fininvest nei primi anni novanta uno dei motivi della scesa in campo; ad esempio, Marcello Dell'Utri:

« Silvio Berlusconi è entrato in politica per difendere le sue aziende »
(Marcello Dell'Utri, 28 dicembre 1994)

« [...] la situazione della Fininvest con 5 mila miliardi di debiti. Franco Tatò, che all'epoca era l'amministratore delegato del gruppo, non vedeva vie d'uscita: "Cavaliere, dobbiamo portare i libri in tribunale" [...] I fatti poi, per fortuna, ci hanno dato ragione e oggi posso dire che senza la decisione di scendere in campo con un suo partito, Berlusconi non avrebbe salvato la pelle e sarebbe finito come Angelo Rizzoli che, con l'inchiesta della P2, andò in carcere e perse l'azienda »
(Marcello Dell'Utri, intervistato da Antonio Galdo; l'intervista è stata pubblicata nel libro Saranno potenti?. Spergling & Kupfer, 2003. ISBN 8820035014))

I principali manager del gruppo mal sopportavano la presenza di Tatò, in quanto la sua figura era stata imposta dalle banche in qualità di "commissario" del gruppo. Questa nomina, annunciata a sorpresa da Berlusconi in una cena domenicale nell'ottobre del 1993, risultò alquanto sgradita in quanto annunciava il capolinea di una gestione che aveva portato il gruppo a un risultato operativo che pareggiava a malapena gli interessi sul debito da pagare alle banche[13]. Pezzi importanti del gruppo Fininvest erano praticamente ipotecati: Cariplo, Comit, Banca di Roma, Banca Nazionale del Lavoro, Montepaschi, a garanzia di un eventuale indebitamento, possedevano i pacchetti di controllo della Standa e della Silvio Berlusconi editore, ossia della società che deteneva il controllo azionario della Mondadori.

La Standa fa da cassa di liquidità al gruppo, incassando contante a pronti (dai clienti) e ritardando il pagamento verso i fornitori a 9-12 mesi. Questo servizio viene pagato caro dall'azienda, in quanto durante la gestione Berlusconi non riuscirà mai a chiudere un bilancio in attivo.

Tatò intanto fa il suo mestiere salvando il gruppo dal baratro con due operazioni successive in borsa: la quotazione della Mondadori (800 miliardi) e della Mediolanum (700 miliardi).

Riguardo all'indebitamento, risulta, dal tradizionale rapporto con cui Mediobanca analizza ogni anno le dieci maggiori aziende italiane, che le aziende del gruppo Berlusconi avevano nel 1992 7.140 miliardi di lire di debiti (4.475 finanziari e 2.665 commerciali), mentre il loro capitale netto ammontava a 1.053 miliardi. Essendo questa una situazione ad alto rischio di bancarotta, peggiorata dal fatto che nel 1993 gli introiti pubblicitari televisivi registrarono una crescita pari a zero (dopo molti anni di aumenti elevati e ininterrotti), le banche creditrici cominciarono in quel periodo a richiedere il saldo dei conti.


Aspetti giudiziari

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Procedimenti giudiziari a carico di Silvio Berlusconi.

Silvio Berlusconi ha più volte dichiarato che dopo il suo ingresso in politica è stato vittima di un persecuzione giudiziaria organizzata dai suoi oppositori.

« Appena sono sceso in politica, hanno cominciato a fischiare i proiettili delle procure eccellenti per rovesciare il mio governo »
(Silvio Berlusconi, 16 ottobre 1998)

« Da quando sono sceso in campo, la magistratura ha dedicato alla Fininvest un'attenzione e un impegno degni della maggior organizzazione mafiosa »
(Silvio Berlusconi, 24 novembre 1995)

Silvio Berlusconi annunciò il suo ingresso in politica il 26 gennaio 1994 tramite uno storico discorso di 9 minuti trasmesso in TV. Già nel 1992 e nel 1993, la Fininvest, come tutte le altre grandi aziende nazionali, fu oggetto di indagini da parte del pool di Mani pulite e delle Procure di Torino e Roma.

Tali indagini riguardarono varie vicende: presunte tangenti (ai partiti per la gestione delle discariche lombarde e per le licenze del supermercato Le Gru di Grugliasco, a funzionari pubblici per la vendita dei «palazzi d'oro», e altre ancora per gli spot sull'AIDS), le false fatture di Publitalia '80, i finanziamenti ai congressi di partito e le frequenze televisive.

Silvio Berlusconi ha però più volte ribadito che le indagini hanno seguito la sua discesa in campo e ha denunciato i magistrati milanesi, presso la procura di Brescia, per il reato di «attentato ad organo costituzionale»; la denuncia è stata archiviata, e nelle motivazioni si legge:

« Risulta dall'esame degli atti che, contrariamente a quanto si desume dalle prospettazioni del denunciante, le iniziative giudiziarie [...] avevano preceduto e non seguito la decisione di "scendere in campo" »
(Carlo Bianchetti, giudice per le udienze preliminari di Brescia, ordinanza di archiviazione della denuncia, 15 maggio 2001)

La Corte d'appello di Venezia, già nel 1990 (quattro anni prima della sua entrata in politica), aveva infatti dichiarato Berlusconi colpevole di aver giurato il falso davanti al Tribunale di Verona, che indagava sulla sua iscrizione alla loggia eversiva P2. Tale reato commesso fu però estinto dall'amnistia del 1989.


La questione dell'ineleggibilità

Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 all'articolo 10 afferma: «Non sono eleggibili [...] coloro che [...] risultino vincolati con lo Stato [...] per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica». Dati i numerosi possedimenti in campo mediatico, edilizio e assicurativo della famiglia Berlusconi, nel luglio 1994 alcuni esponenti di centrosinistra presentarono ricorso contro l'elezione di Berlusconi. Nel corso della seduta del 20 luglio 1994 (con un terzo dei deputati assenti) la Giunta per le elezioni, anche grazie a una parte degli esponenti del PDS del neo-segretario Massimo D'Alema e della Alleanza dei Progressisti (che votarono a favore o non parteciparono al voto), decise di rigettare il ricorso.


Curiosità

L'espressione "scendere in campo" risale alle contese cavalleresche e, in particolare, alla disfida di Barletta; nella cultura popolare, però, come ricordato da Roberto Benigni in molti suoi monologhi, era utilizzata in Toscana nel dopoguerra come metafora di "andare al bagno", in quelle case di campagna che non erano provviste di toilette.

Ultimo aggiornamento Sabato 22 Dicembre 2012 13:34
 

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Periodico mensile registrato presso il Tribunale di Napoli Num. 45 dell' 8 giugno 2011

ISSN 2239-7035 (del 14 luglio 2011)