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Malachia di Armagh Stampa
Martedì 12 Febbraio 2013 21:53
San Malachia di Armagh
San Malachia di Armagh

Arcivescovo


Nascita 1094
Morte 1148
Venerato da Chiesa cattolica
Canonizzazione 6 luglio 1190
Ricorrenza 3 novembre
Malachia di Armagh
arcivescovo della Chiesa cattolica
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Incarichi ricoperti Vescovo di Down
Vescovo di Connor
Abate dell'Abbazia di Bangor

Nato Armagh, 1094
Deceduto Abbazia di Clairvaux, 2 novembre 1148

Malachia O'Morgair, o anche Maelmhaedhoc O'Morgair (Armagh, 1094 – Abbazia di Clairvaux, 2 novembre 1148), è stato un abate e arcivescovo cattolico irlandese, titolare dell'arcidiocesi di Armagh. Fu proclamato santo da papa Clemente III, il 6 luglio 1190.

La devozione dei fedeli gli attribuisce diversi miracoli e una visione riguardante l'identità degli ultimi papi, la cosiddetta Profezia sui papi.

Indice

Agiografia

Bernardo di Chiaravalle lo descrive come nobile di nascita. Venne battezzato come Máel Máedóc (nome che venne tradotto come "Malachia") e venne istruito da Imaro (Imhar O'Hagan), successivamente abate di Armagh. Dopo un lungo corso di studi venne ordinato sacerdote da Celso (Cellach) nel 1119. Allo scopo di perfezionarsi nella liturgia sacra e nella teologia, si recò a Lismore, dove spese quasi due anni sotto la guida di Malchus. Venne quindi scelto come abate di Bangor, nel 1123. Un anno dopo, venne consacrato vescovo di Connor, e nel 1132 venne promosso Arcivescovo di Armagh.

Bernardo ci fornisce molti aneddoti interessanti su Malachia, e loda grandemente il suo zelo per la religione, sia a Connor sia ad Armagh. Nel 1127 compie una seconda visita a Lismore, dove agisce per un certo periodo come confessore di Cormac MacCarthy, principe di Desmond. Quando era vescovo di Connor continuò a risiedere a Bangor, e quando alcuni principi irlandesi saccheggiarono Connor, egli portò i monaci di Bangor a Iveragh, nella Contea di Kerry, dove vennero accolti da Cormac, ora diventato re. Alla morte di Celso (che venne sepolto a Lismore nel 1129), Malachia venne nominato arcivescovo di Armagh, incarico che accettò con grande riluttanza. A causa di intrighi, non fu in grado di prendere possesso della sua sede se non due anni più tardi; anche allora dovette acquistare il Bachal Isu (il bastone di Gesù) da Niall, il primate laico usurpatore.

L'influenza di Malachia nelle questioni ecclesiastiche irlandesi è stata paragonata a quella di Bonifacio in Germania. Egli riformò e riorganizzò la Chiesa irlandese e la portò ad essere sottoposta a Roma; come Bonifacio, fu un riformatore zelante e un promotore del monachesimo.

Durante i tre anni ad Armagh, come scrive san Bernardo di Chiaravalle, Malachia ripristinò la disciplina nella Chiesa, diventata sempre più rilassata durante il periodo di governo di una serie di abati laici, e adottò la liturgia romana. Proseguendo nel racconto di Bernardo, avendo estirpato la barbarie e ristabilito la morale cristiana, vedendo che tutto era tranquillo, iniziò a pensare alla sua pace personale. Lasciò Armagh nel 1138, e fece ritorno a Connor, dividendo la sede in Down e Connor, e mantenendo la prima. Malachia fondò un priorato a Downpatrick, e condusse un'incessante opera episcopale. All'inizio del 1139 viaggiò fino a Roma, attraversando Scozia, Inghilterra, e Francia, e visitando Bernardo a Chiaravalle. Fece a papa Innocenzo II richiesta del pallio per le sedi di Armagh e Cashel, e venne nominato legato pontificio per l'Irlanda. Nella visita a Chiaravalle durante il viaggio di ritorno, ottenne cinque monaci per fondare, in Irlanda, la grande Abbazia di Mellifont, nel 1142, che ebbe come superiore un irlandese, Christian. Malachia intraprese un secondo viaggio verso Roma, nel 1148, ma al suo arrivo a Chiaravalle si ammalò, e morì tra le braccia di Bernardo il 2 novembre.

San Malachia viene festeggiato dalla Chiesa cattolica il 3 novembre, per non sovrapporsi alla celebrazione dei defunti.

La "profezia" sui papi

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Profezia di Malachia.

La Profezia sui papi è un elenco di 112 brevi frasi in latino che pretendono di descrivere tutti i pontefici della Chiesa cattolica a partire da papa Celestino II (eletto nel 1143) e fino ad arrivare ad un papa di là da venire, descritto nella profezia come "Pietro il Romano", il cui pontificato finirà con la distruzione di Roma e con il Giudizio universale.

Su questa profezia si è molto dibattuto. L'ultimo papa, Pietro il Romano, secondo alcuni commentatori sarebbe stato aggiunto nel 1820, e non apparirebbe nell'elenco originale. Se così fosse, Malachia avrebbe indicato come ultimo il papa attuale.

D'altra parte alcuni sostengono che Malachia non avrebbe precisato che il Papa testé eletto e Pietro il romano siano consecutivi, potrebbero essercene quindi altri che non ha previsto. L'argomentazione è però un po' contorta, stante la consecutività dei precedenti.

Non si deve comunque dimenticare che siamo in presenza di argomenti parascientifici e il peso delle argomentazioni pro e contro dipende dalla disponibilità individuale verso questi temi.

La profezia è apparentemente basata su una visione avuta da Malachia durante il primo viaggio a Roma nel 1139. Avrebbe riportato per iscritto le visioni e consegnato il manoscritto a Innocenzo II, che avrebbe buttato la profezia fra i tanti documenti accumulati nell'Archivio Vaticano o l'avrebbe nascosta perché nessuno la leggesse.

Valutazione critica delle profezie attribuite a san Malachia

In realtà, sembra dimostrato, con argomenti storico-filologici, che le cosiddette profezie di san Malachia non solo non furono affatto scritte dal santo vescovo d'Armagh, ma sono anzi l'opera interessata, e molto più recente, d'un falsario.

Come ricorda l'erudito bibliotecario Giuseppe Fumagalli[1], le presunte profezie furono pubblicate per la prima volta dal benedettino Arnaldo Wyon, nel I volume del suo Lignum vitae, ornamentum et decus Ecclesiae (Venezia, 1591). In séguito, esse sono state spesso riprodotte (nonostante la condanna dei papi).

«È quasi certo - commenta il Fumagalli - che codesta scrittura è apocrifa», cioè non autentica: con tutta probabilità essa fu composta durante il conclave dal quale uscì eletto papa Gregorio XIV (Niccolò Sfondrati), nell'anno 1590. Si trattò, a quanto sembra, d'un tentativo di favorire uno dei papabili, il cardinal Girolamo Simoncelli, orvietano. Ora, è noto che nelle profezie ogni papa è indicato da una breve frase allegorica, che dovrebbe alludere alla sua patria, al suo cognome, al suo stemma o a qualche circostanza o fatto notevole del suo pontificato. Ebbene, è facile osservare che, per tutti i papi che precedettero Gregorio XIV, la frase è assai calzante, e l'identificazione precisa; in séguito, invece, l'identificazione è possibile, perlopiù, solo a condizione di stiracchiamenti nient'affatto convincenti.

Luigi Fumi[2] attribuì la compilazione di queste pseudoprofezie a un noto falsario, Alfonso Ceccarelli, decapitato, appunto per i suoi falsi, nel 1583.

Note

  1. ^ Chi l'ha detto?, Milano, Hoepli, 1989, pag. 391.
  2. ^ Luigi Fumi, L'opera di falsificazione di Alfonso Ceccarelli, Perugia, 1902.


Collegamenti esterni

Ultimo aggiornamento Martedì 12 Febbraio 2013 22:00
 

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Periodico mensile registrato presso il Tribunale di Napoli Num. 45 dell' 8 giugno 2011

ISSN 2239-7035 (del 14 luglio 2011)