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E Benazir Bhutto disse che Bin Laden era morto nel 2007 Stampa
Scritto da Giovanni Di Cecca   
Lunedì 02 Maggio 2011 17:24

Il giallo della morte di Osama Bin Laden diventa ancora più oscuro.

Benazir Bhutto, ex primo ministro del Pakistan uccisa nel 2007 aveva detto già in una intervista del 2 novembre 2007 (poco prima di morire) che Osama Bin Laden era stato ucciso da Omar Sheikh, 34 anni, un ex collaboratore dell’Isi (il servizio segreto pachistano).

Omar Sheikh, alias Mustafa Muhammad Ahmad, è lo stesso uomo che nel 2001, qualche giorno prima dell’11 settembre, consegnò a Mohammed Atta, il capo dei dirottatori, una valigetta con 100 mila dollari e che, sempre secondo l’inchiesta ufficiale del Congresso, si trovava proprio a Washington durante l’attacco al Pentagono. Non esattamente un signor Nessuno, per Musharraf, per gli uomini che governano a Islamabad e per i servizi segreti di mezzo mondo.

 

Quello che stupisce di più, dell’intervista, è che Davis Frost, una vecchia volpe del giornalismo non sospettabile di ingenuità né di inesperienza, abbia lasciato correre la denuncia della Bhutto, non l’abbia interrotta, né chiesto informazioni più circostanziate su una notizia che, proprio per l’autorevolezza della fonte che la stava diffondendo, non poteva essere spacciata come l’ennesima boutade sulla vita e sulla morte di un uomo di cui è stato detto di tutto in questi anni: che fosse morto a Tora Bora, che si trovasse in Sudan, che si nascondesse, grazie alle complicità dei capi tribù pashtun, nel Waziristan afghano-pakistano, che infine fosse artificialmente tenuto in vita da Al Qaeda per rafforzarne il mito presso le masse arabe. Come sia potuto accadere che nemmeno la Cia si affrettasse a confermare o smentire la dichiarazione della Bhutto (pochi giorni dopo uccisa da un commando integralista), rimane un mistero. Ma il sospetto - avanzato anche da molti commentatori a margine dell’intervista rilanciata da Youtube - è che l’ex leader del PPP sia stata assassinata proprio perché sapeva troppo e avrebbe potuto far saltare i piani di Al Qaeda e di chi (e sono tanti dentro i palazzi del potere di Islamabad) lavora nell’ombra per la rete terrorista e le milizie pashtun che hanno deciso di eliminare quella che avrebbe dovuto essere la donna simbolo del Rinascimento pachistano.

 

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