LIBERTÀ
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MONITORE NAPOLETANO
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Carlo Lauberg ed Eleonora de Fonseca Pimentel
Anno CCXXV

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Riformismo: termine ambiguo Stampa
Scritto da Ernesto Paolozzi   
Lunedì 26 Settembre 2011 20:53

altCome tutti quelli che cercano di delimitare  in una formula un ideale,una linea politica,una sensibilità. Ha un valore storico,naturalmente e ,contemporaneamente, un significato puramente indicativo rispetto ad un’azione da compiere.

Cavour,ad esempio,sosteneva che è necessario compiere le riforme per evitare la rivoluzione. Questa affermazione potrebbe aver avuto un peso nella qualifica di moderato che gran parte della storiografia ha imposto al grande uomo politico. Se  provassimo ad uscire dalle definizioni(che certamente hanno un senso) per guardare ai comportamenti reali,vedremmo  come il moderatismo attribuito al Conte sembra svanire e far posto ad una serie di atti rivoluzionari di portata gigantesca.

 

Cavour,morto abbastanza giovane, smantellò l’intero sistema economico e politico del vecchio Piemonte trasformando un paese arretrato e conformista in uno moderno e spregiudicato; Importò(sul terreno della prassi politica) nell’arretrata penisola italiana il liberalismo anglosassone;non esitò a sacrificare soldati nella guerra di Crimea; pose le basi concrete della separazione fra Stato laico e chiesa;partecipò all’unificazione italiana e,forse,ne fu l’artefice fondamentale.

 

Ci sarebbe da chiedersi :”e se fosse stato un rivoluzionario invece di un moderato che avrebbe combinato?”

Naturalmente la determinazione di moderato ha un senso sul piano storiografico nel momento in cui si colloca il suo pensiero e la sua azione in relazione  ai movimenti politici ed ideali  presenti nella sua epoca. Se,insomma,si paragona Cavour alle altre icone del Risorgimento,a Mazzini e Garibaldi per non ricordare che i più grandi.

Ho proposto questa breve riflessione sul riformismo di Cavour come semplice pretesto per introdurre un altrettanto breve riflessione sulla definizione,” Riformismo radicale” che ho cercato di definire nella presentazione del Manifesto a Sinistra nella speranza di offrire ai democratici un orizzonte politico,una occasione di dibattito e confronto.

Riformismo radicale non ha dunque la presunzione di presentarsi come una formula politica ideale valida per tutte le stagioni. Credo che nessuna formula abbia per sé l’eternità,nemmeno quelle della fisica figuriamoci quelle etico politiche.

Comunque non era nella mia intenzione. Le teorie,le definizioni hanno senso se indicano un percorso,se invogliano all’azione. A ciascuno di noi il compito di riempirle di contenuto in estrema libertà ed autonomia.

La condizione attuale della sinistra (non solo italiana) è da più di un ventennio quella di uno schieramento politico chiuso in difesa. Come se si volesse far dimenticare un passato remoto condannato dalla storia(il totalitarismo stalinista) e un passato prossimo fallimentare sul terreno  dell’economia( l’interventismo dello stato). Da qui un riformismo democratico che insegue il cosiddetto liberismo economico,una versione estremistica,quest’ultimo del liberalismo  etico politico. E,così,anche la sinistra si è ascritta inconsapevolmente in quel pensiero unico dello sviluppo capitalistico che pure in tanti combattono.

La questione meridionale,ad esempio,è stata di fatto cancellata dall’agenda politica,a destra come a sinistra.  Come fosse un residuato bellico dello statalismo economico. Con differenza di toni ed accenti,naturalmente,ma sostanzialmente,metodologicamente, in un orizzonte comune. Un riformismo radicale deve avere il coraggio di riproporla in tutta la sua importanza,senza timidezze e ipocrisie. Non solo ricordando,come ha fatto Napolitano,che senza la crescita del sud non crescerà l’Italia,non si ridurrà il debito e così via,ma riproponendo un  rinnovato e rigoroso intervento del Pubblico senza timore di passare per statalisti passatisti. Lo Stato può e deve intervenire in modo nuovo (penso ad una politica energetica alternativa,ad esempio) riconoscendo che una nuova politica di redistribuzione del reddito(tassare i più ricchi e  contenere l’evasione) è possibile e necessaria.

Mi fermo qui. Potremo in seguito scendere nei dettagli,e ognuno potrà,se vuole,proporre concrete iniziative. L’importante,in questa fase,è uscire dallo stallo,dalla palude ideologica nella quale ci troviamo.

Poiché il monitore è attento alla nostra storia etico politica,mi  sembra giusto concludere con le parole di Croce che molti classificano come un sia pure nobile conservatore. Giudichino i lettori :

“…non è mai politica attuale la parola dei profeti disarmati. Ma in un popolo ci vogliono i politici attuali e quelli inattuali, e se i primi sono giudicati savi ed i secondi matti ci vogliono i savi e i matti. E guai ai popoli che hanno solo i savi, perché spetta di solito ai matti porre e coltivare i germi della politica avvenire”.

 

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Periodico mensile registrato presso il Tribunale di Napoli Num. 45 dell' 8 giugno 2011
ISSN 2239-7035 (del 14 luglio 2011)
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