Chiuso il WCIT 12 a porte chiuse. Secondo Google internet potrebbe essere limitato nella libertà |
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Scritto da Giovanni Di Cecca |
Sabato 15 Dicembre 2012 17:40 |
L’incontro si è svolto dal 3 al 14 dicembre 2012 a Dubai a porte chiuse.
L’ultima regolamentazione delle telecomunicazioni digitali risale al 1988 quando fu fatta la conferenza a Melbourne.
Il nodo della questione principale è quello della rete Internet fra le proposte in campo: obbligo di registrazione e indirizzi IP statici e nominativi.
Fino ad oggi, gli indirizzi IP (quei famosi numeri che identificano un terminale, fisso o mobile in rete sia essa rete locale o Internet) per quanto riguarda gli indirizzi pubblici (inteso come IPv4 ed indirizzamento a 32bit), sono suddivisi in classi e vanno da una Classe A (di enti o corporate) che possono collegare e rendere visibile in Internet fino a 16.000.000 di macchine fino ad una Classe C che può indirizzare solo 254 macchine.
A tal proposito è stato progettato un nuovo protocollo chiamato IPv6 il cui indirizzamento è a 128bit.
In soldoni, usando le parole di Andrew S. Tanenbaum: « Se l'intero pianeta, terraferma e acqua, fosse coperto di computer, IPv6 permetterebbe di utilizzare 7 x 1023 indirizzi IP per metro quadro [...] questo numero è più grande del numero di Avogadro.»
Quindi sarebbe possibile assegnare ad ogni oggetto uno specifico indirizzo IP univoco, praticamente quello che accade quando compriamo una scheda telefonica per il cellulare.
Naturalmente il problema non è ridiscutere le regole di Internet (anche se l’attuale regolamentazione ha permesso lo sviluppo della Rete), ma è il farlo a porte chiuse.
Google, il più grande motore di ricerca del mondo, ha iniziato una campagna chiamata Take Action che ha lo scopo di lanciare una petizione internazionale per decidere insieme come realizzare le nuove regole del gioco.
Gli Stati Uniti e gli stati canaglia.
Se agli Stati Uniti, forti della loro posizione dominante (l’ICANN, l’ente che gestisce i nomi top level come .com, .net, .org, .us, mentre i .it, ,fr e simili sono gestiti da enti nazionali come il nostro Istituto di Informatica e Telematica del CNR di Pisa) vorrebbero lasciare le cose come stanno, ma paesi come Cina e Russia, che, come noto, non hanno grandi tradizioni democratiche alle spalle, vorrebbero una Rete più frazionata e meglio controllabile.
Google, ha lanciato una campagna mondiale chiamata Take Action il cui concetto è semplice quanto condivisibile: «Il presupposto per un mondo libero e aperto che è la Rete sia libera e aperta. I governi non dovrebbero decidere del futuro di Internet da soli e a porte chiuse. I miliardi di persone in tutto il mondo che utilizzano Internet devono poter far sentire la propria voce».
Tra le altre posizioni che sono state al centro della conferenza c’è anche l’ipotesi di far pagare alle cosiddette aziende Over The Top (ovvero Google, Facebook, Twitter, ecc,) una sorta di tassa per il traffico che viene generato sulle reti di proprietà degli operatori europei.
Certo è che, questa conferenza (i cui risultati saranno difficilmente significativi vista la necessità di avere l’unanimità su alcune decisioni), viene fatta senza sentire le opinioni di chi con la Rete lavora, gioca o semplicemente ci vive, quasi che, a distanza di 12 mesi dalla legge SOPA-PIPA, si cerchi di creare un sistema di controllo a livello globale per evitare fughe di notizie come è stato lo scorso anno per la cosiddetta primavera araba. |