LIBERTÀ
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MONITORE NAPOLETANO
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Carlo Lauberg ed Eleonora de Fonseca Pimentel
Anno CCXXV

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L’ARMA PER UN CAMBIAMENTO: IL VOTO Stampa
Scritto da Tommaso Manzillo   
Domenica 10 Giugno 2012 17:34

Votare a ottobre prossimo o alla fine naturale della Legislatura? Questo è il dilemma dei partiti politici che si stanno affannando alla ricerca di maggiore e migliore presentabilità e visibilità alle prossime tornate elettorali. Ma a noi italiani-contribuenti, creditori e debitori dello Stato, non cambia nulla se si il voto sarà a ottobre o l’anno venturo, perché i diversi governi politici che si sono succeduti negli ultimi vent’anni,  protagonisti delle mancate riforme liberali di cui il Paese avrebbe avuto bisogno (la giustizia, il fisco, la sanità, la riorganizzazione amministrativa dell’apparato dello Stato, le liberalizzazioni in economia) non sono riusciti nemmeno a produrre un timido testo di riforma organica dell’amministrazione dello Stato, e men che meno il Governo dei tecnici e dei super-tecnici. Non è cambiato assolutamente nulla né con il governo politico né con quello dei professori.

Mentre i partiti politici si dividono al loro interno tra favorevoli e contrari per il voto anticipato a ottobre, nessuno di loro è stato in grado di proporre un serio provvedimento di tagli alla spesa pubblica, ai loro doppi o tripli incarichi, di mettere mano nella macchina amministrativa dello Stato contro le lobby di potere e a favore dello sviluppo dell’Italia, tutti a pensare al voto per ritornare ad occupare le posizioni più alte e prestigiose. Con quale coraggio si presenteranno agli elettori chiedendo il loro voto, e con quale fegato noi dovremmo presentarci nella cabina elettorale?

La Corte dei Conti, nella sua recente Relazione, ha illustrato quello che noi abbiamo più volte detto, ossia che l’aumento della pressione fiscale ha generato un circolo vizioso aggravando la già pesante congiuntura economica. Per di più il calo dei consumi, conseguenza delle nuove tasse, si è trasformato in calo delle entrate tributarie per 3,4 miliardi di Euro. Risultato: più tasse – meno consumi – meno entrate fiscali – più altre tasse per coprire la perdita subita rispetto alle previsioni. E così, mentre i partiti lottano fra di loro sulla data delle elezioni, su chi dovrà occupare gli scranni del Governo, noi veniamo caricati di tasse e burocrazia, senza una soluzione concreta per uscire dall’angolo dove siamo rinchiusi da diverso tempo.

 

 

Quando in un Paese la politica si occupa della data delle nuove elezioni e il Popolo soffre una pesante crisi economica e finanziaria, quale strada occorre intraprendere per mandare a casa questa classe dirigente che fa della vera e propria antipolitica, allontanandosi dalle problematiche vere del proprio elettorato per occuparsi della spartizione del potere? Allora ecco che la via del voto sarà per noi occasione di fare una seria scelta di campo. Gli italiani durante le ultime elezioni amministrative del maggio scorso hanno perfettamente compreso (i partiti no, o fanno finta di non aver capito) l’importanza di quella matita che si usa nella cabina elettorale, in grado veramente di fare la storia di un Paese. Come si può chiedere a chi lotta quotidianamente contro la crisi di continuare a votare chi per anni ha promesso la vera riforma elettorale, mai arrivata, quando poi sugli scranni del Parlamento, per entrambi gli schieramenti politici, si sono seduti donne e uomini di malaffare, coinvolti in storie di sesso, corruzione, mafia, appalti truccati, indagati e plurindagati, che non sanno nemmeno cosa significhi alzare la serranda della propria attività la mattina e lottare contro una concorrenza sleale, contro l’aumento della pressione fiscale, con le tante problematiche di chi quotidianamente lavora con passione e impegno? La nostra arma è il voto, mandare a casa chi oramai ha svolto il suo tempo, chi ha già avuto la sua chance e non l’ha saputa giocare, o meglio, l’ha giocata a suo favore a scapito del nostro. Questa non è antipolitica, ma è la politica, ossia tornare a occuparsi dei fatti concreti, della gestione della cosa pubblica come se fosse la propria, dare le risposte concrete ai problemi concreti e reali.

Come ha affermato recentemente il Papa, occorre uscire dalla logica del perseguimento del profitto come unico obiettivo dell’economica, per mettere al centro, sulle orme dei padri del pensiero napoletano (A. Genovesi e G. Palmieri), il bene comune e collettivo, ripartendo dai principi cardine della società civile, ossia la giustizia, la lotta alla corruzione, la libertà, puntando sui giovani e la loro formazione culturale. Tagliare la spesa pubblica, la lotta agli sprechi della pubblica amministrazione, ai lauti incarichi di dirigenti statali e parastatali, abbattere il debito pubblico con riforme strutturali, razionalizzando la spesa sanitaria piuttosto che chiudere gli ospedali per soddisfare interessi di parte, diventa oggi indispensabile per procedere all’abbassamento del livello della tassazione fiscale, unica strada percorribile per dare fiato ad un’economia che ha bisogno di ossigeno, di denaro circolante sottratto da una politica sbrigativa fatta di tasse per risanare un bilancio pubblico affossato da scelte scellerate del passato, cui le generazioni di oggi sono chiamate a pagare il conto. Per questo occorre trovare un alternativa politica che rimetta al centro il bene di tutti, non solo nelle parole che si sentono quotidianamente, fatte di buoni propositi. Oggi l’italiano-elettore non vuole più promesse, ma che la politica sia fatta di gesti concreti, di idee e progetti per lo sviluppo, la crescita, non solo economica, ma anche morale e civica. Chi ha orecchie per intendere …

Il pericolo? La deriva estrema.

 

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Periodico mensile registrato presso il Tribunale di Napoli Num. 45 dell' 8 giugno 2011
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