1° maggio la festa dei lavoratori |
Scritto da Giovanni Di Cecca - Virginia Bellino |
Martedì 01 Maggio 2012 21:14 |
“L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
(Art. 1 della Costituzione Italiana)
Il lavoro in tutte le sue forme è il motore sociale ed economico della nostra società.
Ma come nasce l’idea di creare una giornata dedicata ai lavoratori?
1 maggio: le origini
Il 1 Maggio nasce come momento di lotta internazionale di tutti i lavoratori, senza barriere geografiche né sociali, per affermare i propri diritti, per raggiungere obiettivi, per migliorare la propria condizione.
"Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire" fu la parola d'ordine, creata in Australia nel 1855, e condivisa da gran parte del movimento sindacale organizzato del primo Novecento. Fu così aperta la strada a rivendicazioni generali e alla ricerca di un giorno, il primo Maggio, appunto, in cui tutti i lavoratori potessero incontrarsi per esercitare una forma di lotta e per affermare la propria autonomia e indipendenza.
L’origine di questo giorno affonda le radici nelle lotte operaie del XIX° Secolo e nasce per celebrare la manifestazione organizzata nel 1886 dagli operai di Chicago, negli Stati Uniti, per ottenere la riduzione dell'orario di lavoro ad otto ore.
Nei giorni successivi al corteo ci furono diverse manifestazioni, con più di venti lavoratori uccisi dalla polizia.
Per ricordare i «martiri di Chicago», il congresso della Seconda Internazionale (che era un’organizzazione fondata dai partiti socialisti e laburisti europei, scioltasi poi nel 1914) , riunito a Parigi il 20 luglio 1889, stabilì che a partire dall'anno successivo il primo maggio sarebbe diventata la giornata internazionale dei lavoratori, più o meno con queste parole:
"Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi".
Quando poi si trattò di scegliere quale data dedicare a questa manifestazione, la scelta cadde sul 1 maggio proprio per ricordare la triste sorte toccata agli operai di Chicago nel 1886.
Le celebrazioni del 1 maggio 1890, inaspettatamente, riscuotono un enorme successo sia nel nostro territorio che in altri paesi, e quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene replicata anche l’anno seguente, ottenendo un analogo successo e inducendo la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di tutti i paesi".
Negli Stati Uniti, o per relativo paradosso in altri paesi a regime dittatoriale, dal 1894 non si celebra il 1° Maggio.
È stato sostituito dal Labor Day che si celebra invece il primo lunedì di settembre ed è stato completamente ripulito da ogni valenza di rivendicazione sindacale e dei diritti sociali.
A Roma, la prima manifestazione del 1° Maggio a piazza Santa Croce in Gerusalemme finì con scontri, morti e arrestati tra gli operai. Dal 1891, quindi, la ricorrenza fu resa permanente e in Italia fu soppressa durante il ventennio fascista, quando fu sostituita dal Natale di Roma, il 21 aprile, per poi essere ristabilita nel 1945.
Il 1 maggio oggi
Con la crisi economica attuale, si sta verificando un altro grave tipo di avvenimento, e cioè il suicidio di molti lavoratori che perdono il posto di lavoro e non riescono a ricollocarsi, oppure di imprenditori che non riescono a far fronte alla crisi.
È notizia di ieri, riportata dalla Agenzia ADNKronos:
“Roma, 30 apr. (Adnkronos Salute) - Il tasso di suicidi segue la curva dell'andamento economico di un Paese. Dunque il bollettino di guerra che al caso del portinaio di Napoli, che si è tolto la vita dopo aver ricevuto la lettera di licenziamento, affianca quello dell'imprenditore che si è ucciso in Sardegna, non sembra destinato a fermarsi. Agli allarmi della Cgia di Mestre, che parlano di 23 suicidi di imprenditori a causa della crisi dall'inizio dell'anno fino a metà aprile in Italia, fa da contraltare l'ultimo studio in materia, pubblicato dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) Usa: il tasso di suicidio, in generale, "sale e scende in connessione con l'economia. E il record negativo negli Usa si è registrato, non a caso, con la Grande Depressione: +22,8% in quattro anni". Lo spiega all'Adnkronos Salute Maurizio Pompili, responsabile del Servizio di prevenzione del suicidio dell'ospedale Sant'Andrea di Roma. Insomma, il parallelismo fra la situazione odierna e quella della Grande Depressione non sarebbe solo una fantasia. "Il problema è che i fallimenti ci sono sempre stati, ma ultimamente le notizie delle morti hanno una cadenza allarmante. Emerge una particolare fragilità". L'esperto mette in guardia sul rischio emulazione, in gergo 'effetto Werther'. "Il suicidio non sia considerato una soluzione", dice Pompili, sollecitando interventi mirati.
Lo studio americano, pubblicato sul 'Journal of Public Health', indaga l'impatto dei cicli economici sul tasso di suicidi dal 1928 al 2007 negli States, e ha messo in luce la più forte associazione proprio nelle persone in età lavorativa, ovvero dai 25 ai 64 anni. "Sapere che i suicidi aumentano in fase di recessione e crollano in periodi di espansione economica evidenzia la necessità di ulteriori misure di prevenzione di questo gesto proprio quando l'economia si indebolisce", afferma Mercy James, direttore ad interim del Cdc's Injury Center's Division of Violence Prevention. "Si tratta di un dato importante per i responsabili politici e per coloro che lavorano per prevenire il suicidio", evidenzia James.
Secondo lo studio Usa "il tasso di suicidio in generale - ricorda Pompili - è aumentato nelle fasi di recessione", come la Grande Depressione (1929-1933), la fine del New Deal (1937-1938), la crisi petrolifera (1973-1975), e la Double-Dip Recession (1980-1982), ma crolla sia in occasione della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) che nel più lungo periodo di espansione (1991-2001), in cui l'economia ha registrato una crescita rapida e una bassa disoccupazione. Negli Stati Uniti insomma, dati alla mano, il maggiore aumento del tasso di suicidi si è verificato con la Grande Depressione (1929-1933), salito dal 1928 al 1932 del 22,8%. Altro record, ma al contrario, si è registrato nel 2000. E in Italia? I numeri non lasciano prevedere nulla di buono: tra il 2008 ed il 2010, segnala la Cgia di Mestre, i suicidi per motivi economici sono aumentati del 24,6%, mentre i tentativi di suicidio, sempre legati alle difficolta' economiche, sono cresciuti del 20%. "Si tratta di dati credibili, che però vanno esaminati con cautela, considerando che in Italia si contano circa 4 mila suicidi l'anno e che il legame economico non e' sempre cosi' univoco: possono esserci motivazioni - riflette Pompili - che non vengono a conoscenza delle forze dell'ordine. Preoccupano comunque le notizie 'in serie' che arrivano dalla cronaca, relative a persone che si tolgono la vita: e' importante cercare di mettere un freno all''effetto emulazione', e sottolineare che questa decisione non deve essere considerata come una soluzione". Ecco perché, secondo Pompili, "a fronte dei tanti tagli annunciati dal Governo, è fondamentale un intervento mirato e preventivo. Perche' la ricerca ha dimostrato che anche piccoli investimenti possono influire positivamente, dal punto di vista della prevenzione". Un'idea condivisa dagli esperti americani. "I problemi economici possono avere un impatto su come le persone guardano a se stesse e al loro futuro, ma anche sui rapporti con famiglia e amici. Insomma, le recessioni possono anche alterare intere comunita'", spiega Luo Feijun, economista dei Cdc e autore principale dello studio. Secondo gli esperti Usa è bene studiare strategie preventive, come un sostegno sociale mirato e servizi di consulenza ad hoc per chi perde il lavoro o la casa, e aumentare l'accessibilità dei servizi di prevenzione.”
L’augurio da formulare per la nostra tormentata società non può dunque essere che uno soltanto, e cioè quello che il lavoro torni presto ad essere un diritto garantito per TUTTI i cittadini, un motivo di orgoglio e benessere per ogni lavoratore, un fautore di vita non un antro buio che spinge le persone verso abissi di disperazione e morte. |