Caso Marò - La Corte Suprema Indiana prende ancora tempo: «Troppa differenza nelle posizioni di accusa e difesa» |
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Scritto da Giovanni Di Cecca |
Lunedì 10 Febbraio 2014 15:51 |
«Troppa differenza nelle posizioni di accusa e difesa», così la Corte suprema indiana rinvia di nuovo, al 18 febbraio, la decisione sull’imputazione dei due Marò italiani.
Il Presidente del Consiglio, Letta: «Inaccettabile l’imputazione proposta da autoritá indiane. Uso del concetto di terrorismo da rifiutare in toto. Italia e Ue reagiranno».
Dall’India l’inviato del governo Staffan de Mistura: aggiunge: «Abbiamo riproposto con forza la richiesta che i marò tornino in Italia».
Dopo il Tweet di Letta, una nota diffusa dal Governo accusa: «Il capo d’imputazione presentato oggi in India dall’Attorney General, che prevede di giudicare il caso dei due fucilieri di marina italiani sulla base della legge antipirateria (SUA) è assolutamente sproporzionato e incomprensibile: assimila l’incidente a un atto di terrorismo.
L’Italia non è un Paese terrorista.
Qualora fosse convalidata dalla Corte Suprema, questa tesi sarebbe assolutamente inaccettabile.
Si tratterebbe di una decisione lesiva della dignità dell’Italia quale Stato sovrano, di cui i due Fucilieri della Marina sono organi impegnati nel contrasto alla pirateria conformemente alla legislazione italiana, al diritto internazionale e alle decisioni rilevanti del Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Alla luce della decisione della Corte Suprema, il Governo si riserva di assumere ogni iniziativa. Dopo due anni senza un capo d’accusa, non intendiamo recedere dal nostro obiettivo di riportare quanto prima a casa Salvatore Girone e Massimiliano Latorre e di vedere riconosciuti la loro dignità ed i loro diritti».
Il Ministro degli Esteri Bonino, che porterà la problematica nel Consiglio dei Ministri degli Esteri Europeo a Bruxelles dice: «Non è pensabile» l’accusa di terrorismo «per un Paese che assume la presidenza dell’Ue tra pochi mesi», ha aggiunto.
A chi chiede se tra le possibili reazioni dell’Italia ci sia anche un ricorso davanti al tribunale Onu per il diritto del mare, il ministro risponde: «Queste sono strade eventuali, tutto è sul tappeto. E penso anche che forse non è il caso di rendere pubbliche tutte le carte che abbiamo».
Nell’udienza il giudice ha ascoltato la pubblica accusa, che ha appunto confermato la richiesta dell’applicazione della legge per la repressione della pirateria (Sua act), e la categorica opposizione ad essa da parte dell’avvocato della difesa italiana Mukul Roahtgi.
A questo punto il giudice ha detto: «Capisco che di fronte a questa situazione sono io che devo decidere». |