Bologna - 35 anni fa la strage della Stazione - Il Commento |
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Scritto da Giovanni Di Cecca |
Domenica 02 Agosto 2015 11:09 |
Lo ha scritto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un telegramma inviato al presidente dell'Associazione delle vittime del 2 agosto, Paolo Bolognesi, in occasione del 35/o anniversario della strage alla stazione.
"L'attentato del 2 agosto 1980 - sottolinea Mattarella - fu il culmine sanguinoso di una strategia stragista, mirante a scardinare la democrazia e le conquiste sociali dell'Italia repubblicana. La reazione degli italiani, a partire dalla città di Bologna, fu decisa e compatta, con grande forza e dignità e rappresentò, ancora una volta, l'argine più robusto contro ogni tentativo di destabilizzazione". Secondo il Capo dello stato, "dopo lunghi anni di indagini difficili, contrassegnate da reticenze e tentativi di depistaggio, la magistratura, sostenuta dall'impegno e la tenacia dell'Associazione dei familiari delle vittime, ha concluso il suo iter processuale, pronunciando una sentenza definitiva. Su quella tragica vicenda permangono però ancora angoli bui, specie per quanto riguarda mandanti ed eventuali complici. L'auspicio è che la verità possa emergere nella sua interezza: la vostra battaglia che riguarda anche l'introduzione del reato di depistaggio costituisce un'importante risorsa". Mattarella ha inviato la solidarietà alla città di Bologna, "saldo presidio di partecipazione a un dolore immenso, che il trascorrere degli anni non può cancellare". "Il percorso non è finito ma è in atto e lo vogliamo portare in fondo. Il governo è al fianco di tutti voi che ancora soffrite per quella tragedia e per dire che con Bologna non dimentica il paese intero". Lo dice il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, che a Bologna ha rappresentato il governo alla commemorazione della strage della stazione. L'Associazione dei familiari aveva polemizzato sui risarcimenti, la desecretazione degli atti e il reato di depistaggio. De Vincenti, di fronte ai familiari, ha preso impegni, in particolare, oltre che sul sostegno al reato di depistaggio, sui risarcimenti e sulla desecretazione degli atti. "Venerdì - ha detto il sottosegretario - è stata pubblicata la circolare Inps applicativa delle disposizioni. Si avvia concretamente la liquidazione delle pensioni varate con le norme comprese nella legge di stabilità. Poi ci sono altri aspetti che devono trovare completa applicazione e che vanno sbloccati. Non voglio giustificare i ritardi, ma la norma è complessa. Tuttavia è ora di superare concretamente l'impasse. Mercoledì ho convocato una riunione coi ministeri competenti e con l'Inps per giungere a un chiarimento definitivo. L'obiettivo è l'applicazione integrale della legge". De Vincenti ha promesso un impegno del governo anche per rendere effettiva la desecretazione degli atti. "C'è - ha detto - una lentezza nella presentazione dei documenti e una forma disordinata che ne rende difficile l'effettiva fruibilità. Giovedì ho convocato ministeri e dipartimenti che devono applicare la direttiva per chiarire questi due punti, perché nulla rimanga non desecretato e definire criteri di classificazione che consentano di presentare i documenti in modo da essere fruiti".
"La città di Bologna non mancherà mai di fare la propria parte nel cammino verso la verità e la giustizia". Lo ha assicurato Virginio Merola, sindaco di Bologna, nella commemorazione della strage alla stazione in occasione del 35/o anniversario. "Ogni anno - ha detto rivolgendosi ai familiari - facciamo il punto su passi avanti e gli ostacoli. E' un'occasione per ribadire la ricerca completa della verità sui mandanti che ha ferito voi e la nostra città in maniera indelebile. Ma - ha ribadito Merola parlando al sottosegretario alla Presidenza del consiglio Claudio De Vincenti - torneremo a chiedere quello che ci aspettiamo dal governo in carica: soprattutto che ci aiutino a fare passi avanti nella ricerca della verità. Noi ogni anno testimoniamo il nostro impegno. La città silenziosamente, in modo ordinato e composto, con i fatti dice tutto quello che c'è da dire. Ci auguriamo che lo facciano anche gli altri".
Di Battista, ricorderemo al Governo impegni - "Il Movimento 5 Stelle è qui perché è la principale forza di opposizione innanzitutto, perché è un dovere partecipare a manifestazioni così importanti in ricordo delle vittime. Il governo ha fatto delle promesse, le fa da tanti anni, questa volta c'ero anch'io quando le ha fatte e le ricorderò al sottosegretario De Vincenti per filo e per segno, fino alle virgole". Lo ha assicurato Alessandro Di Battista, deputato del Movimento 5 Stelle, che ha partecipato alla manifestazione per il 35/o anniversario della strage alla stazione di Bologna. "Siamo qui per essere vicini a persone che hanno avuto una perdita incalcolabile - ha detto - persone che meritano risarcimenti e di capire chi sono i mandanti di questa strage. E meritano anche l'approvazione del reato di depistaggio: se non è stata approvata è perché al governo interessano di più altre cose, come la legge bavaglio e altre indecenze".
Bolognesi, cambiamento metà non è cambiamento - Dopo l'approvazione alla Camera la legge che introduce il reato di depistaggio "è rimasta chiusa in un cassetto del Senato nonostante i nostri inascoltati appelli perché venga discussa e approvata. Ci chiediamo cosa è accaduto" perché "un cambiamento a metà non è un cambiamento, ma un modo per continuare - da parte di chi ne ha l'interesse - a conservare il vecchio sistema con metodi diversi". Così il presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime, Paolo Bolognesi, dal palco delle commemorazioni della strage alla stazione di Bologna.
Grasso, lo Stato deve pretendere chiarezza - "La verità non va mai in prescrizione: lo Stato deve pretendere chiarezza al di là di qualsiasi interesse di parte". E' l'appello lanciato dal presidente del Senato Pietro Grasso, dal palco della commemorazione del 30/o anniversario della strage della stazione di Bologna. "La ricerca della verità è difficile - ha detto - ma non può farci disperare sulla giustizia. Lo conferma la sentenza su piazza della Loggia, un punto di partenza per ripensare l'intera stagione degli anni di piombo".
"Ho sollecitato la commissione giustizia a calendarizzare il provvedimento, con l'auspicio che su questi temi non si creino ancora divisioni o fratture. Finalmente il provvedimento ha iniziato il suo percorso in commissione". Così il presidente del Senato Pietro Grasso ha commentato la calendarizzazione, in commissione giustizia al Senato, della legge che introduce il reato di depistaggio. Il Commento A rileggere le carte di tutti gli attentati stragisti degli anni di piombo (di cui possiamo dire che la strage del Rapido 904 del 23 dicembre 1984, sia stata l'ultima della serie), emerge un quadro a dir poco inquietante, se, soprattutto per quelle più "storiche" come Piazza Fontana del 1969 a distanza di quasi mezzo secolo la verità è ben lungi dall'emergere. Ma strage della Stazione di Bologna a chi interessava veramente? Nel 1984, Vincenzo Vinciguerra, terrorista neofascista di Ordine Nuovo e poi di Avanguardia Nazionale (il gruppo diretto da Stefano Delle Chiaie, già coinvolto nelle indagini sulla strategia delle tensione e attivo nel golpismo della CIA in America latina), condannato e reo confesso per la strage di Peteano in cui vennero uccisi tre carabinieri, ha inoltre reso dichiarazioni spontanee ai magistrati (non motivate dall'avere sconti di pena come quelle dei "pentiti", per questo ritenute più attendibili) sui coinvolgimenti dell'estrema destra nella strategia della tensione e, riguardo a Bologna, ha fatto riferimento alla struttura clandestina anticomunista della NATO in Italia, nota poi come Organizzazione Gladio, e ai suoi settori deviati; queste allusioni e rivelazioni furono da lui ripetute in varie interviste successive. Ha inoltre paragonato la dinamica a quella di due tentate stragi, fallite: quella del 28 agosto 1970 alla stazione di Verona e quella di Milano del 30 luglio 1980; ha poi affermato la colpevolezza di Mambro e Fioravanti nella strage del 2 agosto (e quindi il fatto che anche i NAR furono spinti a partecipare alla strategia della tensione, come era accaduto agli altri gruppi di estrema destra, in cambio di protezione), e che, a suo parere, avrebbero avuto coperture politiche anche da parte del Movimento Sociale Italiano e dei suoi eredi diretti, e queste pressioni - di persone che poi avrebbero avuto importanti ruoli governativi e amministrativi negli anni '90 e 2000 - attribuisce, sempre secondo il suo personale parere, i benefici di legge a loro concessi, nonostante i numerosi ergastoli comminati. Vinciguerra non sarà testimone diretto nel processo di Bologna. Vinciguerra sconta l'ergastolo da più di 30 anni, dal 1979, attualmente nel carcere di Opera; non ha ricevuto gli sconti di pena possibili dopo 26 anni né ha mai avuto lo status di "collaboratore di giustizia", ma è divenuto uno dei più convinti accusatori dei neofascisti nella strategia della tensione. Egli sostiene, come molti altri, che Bologna fu un tentativo di depistaggio per i fatti di Ustica e si definisce "fascista" anziché "neofascista" per marcare la differenza, sostenendo che le stragi non sono fasciste ma "di Stato" e "atlantiche" (nonostante l'accertata manovalanza di estrema destra, gli obiettivi non erano prettamente ideologici). Afferma che: «Il 28 giugno 1980, con una telefonata al “Corriere della sera”, utilizzando la sigla dei Nar e il nome di un confidente di Questura, Marco Affatigato, si avvia il primo depistaggio, quello che pretende che il Dc-9 Itavia sia esploso per la deflagrazione al suo interno di una bomba trasportata dal “terrorista” dei Nar. (...) Le stragi italiane non sono un mistero e, soprattutto, non sono ideologicamente definibili come “fasciste”. Portella della Ginestra, affidata al mafioso Salvatore Giuliano, è riferibile a settori della Democrazia cristiana, Partito liberale e monarchici; quella di piazza Fontana doveva servire, insieme ai sanguinosi incidenti che sarebbero seguiti alla manifestazione indetta dal Msi a Roma il 14 dicembre 1969, a far proclamare dal governo presieduto da Mariano Rumor lo stato di emergenza; la strage compiuta dal confidente del Sid Gianfranco Bertoli il 17 maggio 1973, a Milano, aveva come obiettivo il “traditore” Mariano Rumor; quelle di Brescia (28 maggio 1974), dell’Italicus (4 agosto 1974) e di Savona (20 novembre 1974 [una tentata strage, che fece 1 vittima e alcuni feriti]) sono derivate dallo scontro durissimo e feroce all’interno dell’anticomunismo italiano ed internazionale. La strage di Ustica, impossibile da spiegare all’opinione pubblica perché un aereo civile delle dimensioni di un Dc-9 non si può confondere con un minuscolo caccia militare, era in grado di destabilizzare sia l’ordine pubblico che quello politico. Indirizzare lo sdegno della popolazione nei confronti dello “stragismo fascista” è stato il modo, ritenuto più idoneo, per neutralizzare il pericolo. (...) La strage di Bologna, spostando l’attenzione pubblica sullo “stragismo fascista”, ha consentito di guadagnare tempo, di far lavorare in relativa tranquillità i depistatori militari ed i giudici romani chiamati a paralizzare le indagini sull’abbattimento del Dc-9 ad Ustica, ha avvalorato infine la tesi della bomba che, non a caso, è quella che ha retto per più tempo in contrapposizione a quella del missile.»
Ma ancora sull'ipotesi Atlantica come depistaggio di Ustica Un'altra ipotesi fu che Bologna servì ad avvalorare la tesi, poi clamorosamente invalidata, della bomba a bordo del DC-9 Itavia distrutto nella strage di Ustica, oltre a distrarre da Ustica stessa e sviare dalle responsabilità della prima strage (questa pista è nata dalle citate rivelazioni di Vinciguerra, il primo che parlò di un collegamento diretto con Ustica). Questo sarebbe stato fatto per coprire la responsabilità della NATO, le cui forze, forse caccia inglesi e francesi col colpevole disinteresse o assenso del governo italiano, avrebbero lanciato un missile per tentare di colpire il jet privato del leader libico Gheddafi (che si trovava in volo sul Mediterraneo), centrando invece l'aereo civile italiano e un caccia libico ritrovato in Calabria. Secondo questa pista, la bomba di Bologna doveva quindi accreditare la tesi della "bomba di Ustica", riproposta molte volte negli anni[66], ad esempio da Carlo Giovanardi (ma anche da Paolo Guzzanti) e molto gradita - a livello teorico - ai diplomatici statunitensi, come mostrano i cablogrammi dell'ambasciata di Roma, resi pubblici dal sito Wikileaks nel 2011.
In particolare l'on. Luigi Cipriani fu un forte sostenitore della tesi "atlantica" in contrapposizione alla pista neofascista, e accusò la massoneria deviata di seguire ordini e progetti anticomunisti dell'amministrazione Nixon e di Henry Kissinger, tramite la mediazione delle logge statunitensi. Per Cipriani le logge americane e inglesi avrebbero forzato il Grande Oriente d'Italia, tradizionalmente democratico, facendone convergere gli obiettivi con quelli della Gran Loggia Regolare d'Italia, di ispirazione conservatrice, e con elementi reazionari della Gran Loggia d'Italia degli Alam; da ciò sarebbe derivata anche l'ascesa di Gelli nella P2. Il politico di Democrazia Proletaria dichiarò inoltre alla Commissione Stragi e per il decimo anniversario della strage che
« quella di Bologna rispetto alle precedenti fu una strage anomala, perché avvenne in una situazione politica ampiamente stabilizzata, tale da tranquillizzare gli alleati del nostro paese; perciò la strage assume la caratteristica di un tentativo di cancellare dalla città, dall'attenzione della stampa, dal dibattito politico, dall'opera dei magistrati la strage di Ustica. Perché proprio Bologna è presto detto. Innanzitutto perché a Bologna risiedevano gran parte dei familiari delle vittime di Ustica, che dovevano essere zittiti con una strage di enormi proporzioni in città. In secondo luogo perché il Sismi poteva contare sull'appoggio di importanti magistrati alla Procura della repubblica. Infine, la interpretazione in chiave politica, di attacco alla roccaforte del Pci, sarebbe essa stessa stata un depistaggio sui reali obiettivi, scaricando sulla manovalanza fascista, ampiamente infiltrata dal Sismi, le responsabilità. Come era facilmente prevedibile, il Pci abboccò immediatamente all'amo della strage fascista per colpire le istituzioni democratiche. Ovviamente gli appelli a fare quadrato attorno alle istituzioni contro gli attacchi della destra si sprecarono, tutto il dibattito politico, l'informazione, la magistratura, i servizi vennero impegnati su questo fronte e Ustica cadde nell'oblio. »
(L. Cipriani, Da Ustica a Bologna. Due stragi francesi?, Relazione alla Commissione stragi inverno 1989-1990)
« Signor Presidente, da quella lapide dobbiamo togliere le parole "strage fascista", perché ciò è riduttivo e fa parte del depistaggio operato sulla strage di Bologna, diversa dalle altre stragi e che ha molto più a che fare con Ustica e con i rapporti tra Italia, Francia, Stati Uniti, i servizi occidentali e le strutture segrete. Dire che sono stati Fioravanti e compagni è stato un depistaggio: su quella lapide bisogna scrivere "strage di stato"! »
(Discorso parlamentare per il decimo anniversario della strage, 2 agosto 1990)
Dall'Archivio dl MONITORE NAPOLETANO Il DC 9 Itavia caduto ad Ustica è una Strage di Stato!
Da MONITOPEDIA Strage di Ustica (DC 9 Itavia)
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