Dolore, curare i malati fino all’ultimo |
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Scritto da Celeste Nappi |
Domenica 26 Gennaio 2014 12:52 |
Perché per alcuni questa terapia, che si applica ai pazienti per i quali non ci sono più speranze di vita secondo i medici, rappresenta un “gettare la spugna” da parte dei sanitari, mentre la verità è che la terapia del dolore rappresenta per molti pazienti l'unico modo per andarsere con dignità.
In quest’ambito, in Italia esiste il programma LCP-I, la versione italiana del Liverpool Care Pathway for the dying patient, che garantisce ai malati in fase terminale cure palliative in grado di alleviarne la sofferenza. Questo programma nacque in Inghilterra, a Liverpool, alla fine degli anni Novanta, dove per la prima volta si iniziò a pensare che anche quando non c’è più speranza di guarigione, persista comunque la necessità di una cura, per accompagnare il malato fino all’ultimo. Il Programma consiste nella creazione per il paziente terminale di una nuova cartella clinica, la cartella LCP, che un team di medici esperti giudica alla fine della vita.
Nella sua applicazione, è stata fondamentale la presenza della Struttura Complessa Cure Palliative dell'Asl di Biella, centro di progettazione e di riferimento che ha permesso di inserire il progetto LCP negli ospedali italiani. Per valutarne la riuscita, sono state condotte indagini nei reparti di Medicina di sedici ospedali italiani, sparsi tra Piemonte, Liguria, Toscana, Lombardia e Emilia-Romagna, grazie a un progetto iniziato nel 2009 e terminato nel 2012 finanziato dal Ministero della Salute e dalla Fondazione Maruzza Lefebvre di Roma. I risultati emersi hanno dimostrato la necessità di queste cure e il miglioramento conseguito dai riceventi nei loro ultimi giorni di vita. Risultati importanti, pubblicati anche sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet. Tuttavia, la cura del dolore, detta anche agologogia, non sempre è riservata ai malati terminali. Esistono infatti persone che usufruiscono di questa cura perché sono costrette a convivere per tutta la vita con un dolore cronico, che non va mai via. E’ questo il caso ad esempio dei malati della “sindrome dell’arto mancante”, soggetti a cui è stata amputata un gamba che tuttavia continuano a sentire un dolore localizzato in quella zona, oppure di quei pazienti che hanno subito traumi post-chirurgici o che soffrono di nevralgie e cefalee. La terapia del dolore è caratterizzata dalla prescrizione al paziente di antidolorifici e talvolta di oppiacei, che diventano indispensabili anche a causa della dipendenza che inevitabilmente provocano nel paziente. L’utilizzo delle cure palliative è dunque un gesto di compassione dovuta, di umanità, verso i pazienti terminali e non. |