Bruxelles - Ecco gli italiani feriti: Marco Semenzato, Chiara Burla, Michele Venetico |
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Scritto da Redazione |
Martedì 22 Marzo 2016 23:47 |
Sono tre gli italiani rimasti feriti, secondo quanto si è appreso finora, negli attentati di questa mattina a Bruxelles. Sono: Marco Semenzato, Chiara Burla, Michele Venetico
"Non so se è stato un miracolo, o semplicemente fortuna. So solo che sono sopravvissuta e che ho riportato solo leggere ferite, mentre un paio di vagoni avanti si sono contati i morti. Il mio pensiero va ora a loro". Chiara Burla, 24 anni, originaria di Borgosesia (Vercelli) ma da anni residente a Firenze, è uno dei feriti italiani dell'attentato di Bruxelles. Stava sul treno della metropolitana che è saltato. "Ricordo l'esplosione, il buio, le urla", dice. "Adesso non vedo l'ora di tornare a casa. Mi interessa solo questo". Come sta? "Abbastanza bene, considerato quello che poteva succedere", risponde Chiara al telefono, dalla casa di alcuni amici che l'hanno ospitata a Bruxelles nell'ultima settimana. "Sono arrivata venerdì per un workshop di danza. Sarei dovuta ripartire domani", spiega. "Stavo andando a fare lezione. Ho preso la metro alle 9. Era piena di gente, chi andava al lavoro, turisti. Una giornata normale. Ad un certo punto - questo il racconto della giovane - nei pressi della fermata di Maalbek, l'inferno. Non so se eravamo già arrivati: il treno comunque era fermo. Io ero vicino alla porta opposta alla banchina, dal lato dei binari. Stavo guardando verso la coda del treno. Ad un tratto ho visto e sentito l'esplosione. Prima un boato, poi si sono spente le luci, tutto è diventato scuro. Il treno sobbalzava. Siamo stati tutti scaraventati a terra dall'energia dello scoppio. Le porte del vagone sono saltate via ed una mi è finita addosso. C'era il panico. Tutti urlavano, cercavano di fuggire. Ero frastornata, ferita. Non ho capito subito cosa stava succedendo. Ho sentito un rumore forte nell'orecchio, mi sono ritrovata a terra, con la porta addosso. Non capivo. Mi dicevo: 'c'è stata un'esplosione, non può essere. Assurdo'. In questi casi pensi sempre che a te non possa mai succedere, invece...". Chiara tuttavia non si è persa d'animo. "Il mio istinto mi diceva che dovevo scappare. Mi sono alzata, I binari a fianco erano liberi. Sono scesa giù e ho raggiunto l'altra banchina. Mi dicevo che dovevo stare calma: 'Chiara, se ti prende il panico è finita'. Insieme a me c'erano altre persone che scappavano. Abbiamo visto una luce, delle scale. Le abbiamo salite e siamo usciti. Fuori c'era già gente accorsa per dare aiuto. Un uomo che lavorava li' vicino mi ha portata in edificio e mi ha fatto sedere. Sono arrivati i primi soccorsi, le ambulanze. Hanno controllato che stessi bene, mi hanno dato le prime cure. Mi sono resa conto che avevo la faccia piena di sangue. Piccole ferite provocate da schegge e frammenti di vetro, dalla botta dell'esplosione. Poi ci hanno portato in ospedale. Ci hanno visitati uno per uno. A me hanno medicato il viso, il collo e gli occhi, la mano e una gamba, colpiti dalle schegge. Ho riportato anche delle contusioni al busto, per la porta che mi ha colpito, ma niente di rotto o di grave. Terminati i controlli e visitata anche da una psicologa, sono stata dimessa". "I miei amici sono venuti a prendermi", continua la sopravvissuta italiana. E i genitori? "Avevano letto la notizia su internet, quasi in diretta e mio padre mi ha subito chiamata. Sono riuscita a parlarci e a tranquillizzarlo. Sarebbe voluto venire a prendermi ma ho preferito di no: si era già sparsa la notizia dell'esplosione all'aeroporto. 'Non venire, vengo io', gli ho detto. Ma qui e tutto bloccato. Vediamo domani".Adesso, dopo ore, Chiara è ancora "scombussolata". "Non so che pensare. Forse è stato un miracolo, oppure soltanto fortuna", ripete. "Avrei potuto uscirne molto male, o non uscirne per niente. Il mio pensiero va a chi non ce l'ha fatta. E alla mia famiglia. Non vedo l'ora di riabbracciare tutti. Ora voglio solo tornare a casa
"Ho avuto paura. Ho detto 'qui muoio'. Poi sono corso fuori. Adesso sto realizzando che sono vivo". Marco Semenzato, 34 anni, padovano, da nove mesi consulente al dipartimento educazione e cultura della commissione europea, è uno dei tre italiani rimasti feriti negli attentati a Bruxelles. Forse, deve la vita a quello zainetto con dentro il computer che aveva sulle spalle e che si è come volatilizzato dopo lo scoppio.
Semenzato dice di non aver visto persone morte, ma feriti sì. "I soccorsi sono arrivati presto. Prima mi hanno aiutato degli operai che erano all'esterno". Una volta in ospedale è stato medicato per le ustioni alle mani e per quelle, più leggere, al volto. "Sono tutto rosso - dice adesso, mentre sullo sfondo si sentono le voci dei figli nella casa in un quartiere della capitale belga - con la barba bruciacchiata. Sì, ho avuto paura e penso che non entrerò mai più in una metro, non solo qui a Bruxelles. Ti senti intrappolato come un topo. Non è una bella sensazione". Adesso la domanda è perché: "Sono terroristi che hanno solo odio. Ma qui credo ci sia un problema che deve essere affrontato alla radice. Bisogna estirparli dalla società. E' il momento di fare cose concrete".
"E' stato orribile. Sono vivo per miracolo": in lacrime, ancora sotto choc, Michele Venetico, 21 anni, italiano nato in Belgio, è tra i feriti dell'attentato all'aeroporto di Bruxelles. Il ragazzo lavora nello scalo della capitale belga da tre anni. Da uno era stato assegnato alla biglietteria della Swissport. "Abbiamo sentito prima un boato venire da lontano e non abbiamo capito cosa stesse accadendo - dice all'ANSA -. Poco dopo c'è stata un'esplosione tremenda all'altezza delle file 4 e 5, vicino alla biglietteria della Delta". "E' stato l'inferno - racconta - i muri e parte di tetto sono venuti giù, i vetri sono andati in frantumi. Eravamo terrorizzati. Abbiamo cominciato a urlare, piangere e ci siamo rifugiati nell'ufficio che si trova dietro alla biglietteria che è rimasto in piedi". Michele Venetico è stato portato in ospedale per ferite all'orecchio e alla testa e poi dimesso. "I soccorsi sono stati tempestivi - dice - Ci hanno raggruppato tutti insieme anche perché non volevamo separarci. Poi i feriti gravi sono stati portati in ospedale, gli altri, prima al Novotel, poi al nosocomio per controlli". "L'esplosione è stata tanto forte - spiega - che ho visto volare via decine di bagagli e un passeggino. Intorno c'era polvere e fumo e mentre cercavamo di scappare calpestavamo corpi a terra", "Alcuni passeggeri - dice - sono stati portati sulla pista. Chi era vicino alle uscite è scappato fuori". Venetico, padre di Ciminna (Palermo), madre siciliana ma nata in Inghilterra, è nato a Bruxelles, con cittadinanza italiana. I suoi sono emigrati in Belgio da 50 anni. Il padre lavora in una tipografia, la madre è casalinga e ha una sorella di 28 anni. "Non credo che esista un problema controlli - spiega - L'aeroporto era sorvegliato. Prima dell'esplosione stavo parlando con un militare. E' pieno di polizia. Questi atti sono imprevedibili. Arrivano e colpiscono e fermarli è davvero difficile". Sul profilo Facebook, Venetico dopo gli attentati a Parigi ha postato una sua foto con lo sfondo della bandiera francese in segno di solidarietà alla vittime del terrorismo.
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