Brexit - La Regina ha autorizzato lo stop del Parlamento voluto da Johnson |
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Scritto da Redazione |
Mercoledì 28 Agosto 2019 21:57 |
E' una di quelle decisioni che lasciano sgomenti un po' tutti, compreso chia aveva preveisto la Brexit. La Regina Elisabetta II d'Inghilterra ha autorizzato lo stop del Parlamento dal 8 settembre 2019 al 14 ottobre 2019.
Nei fatti, oltre ad essere un precedente con pochio precedenti nella storia, segna anche la strada per una Brexit No Deal tanto auspicato da Boris Johnson. Quali saranno gli effetti sarà abbastanza semplice intuirlo. In buona sostanza è un ritorno al passato, a quasi 30 anni fa, prima di Schengen, ovvero per entrare in UK sarà necessario un visto e molto probabilmente un Passaporto (dipende se l'ipotesi di semi libera circolazione di transizione, voluta da Theresa May sarà applicabile o meno). La sovrana britannica, al termine della riunione del Consiglio privato nel castello di Balmoral, ha dunque firmato il documento che accoglie la richiesta formulata Johnson di prorogare la sospensione dei lavori di Westminster. In Inghilterra la chiamano ‘prorogation‘ perché non è nient’altro che una proroga della chiusura – solitamente estiva – dei lavori delle Camere fra una sessione e l’altra I parlamentari inglesi ritengono che pochissimi membri del governo fossero a conoscenza della mossa. Qualche giorno fa, il periodico The Observer, aveva anche pubblicato lo scoop rendendo nota l’email con la quale l’inquilino di Downing Street chiedeva un parere legale ufficiale ai suoi consulenti, notizia smentita dal capo del governo. Il primo ministro da giorni va ribadendo che il suo obiettivo è quello di arrivare a un nuovo accordo, diverso da quello ottenuto (e poi bocciato) da Theresa May.
Per raggiungere l’obiettivo, Johnson ha però bisogno di mettere sul piatto l’uscita traumatica dall’Unione, che da un lato potrebbe mettere in difficoltà, nel medio periodo, l’Inghilterra, ma che dall’altro potrebbe costare a Bruxelles circa 39 miliardi di euro, il ‘conto Brexit’ che Londra ha dichiarato di non essere obbligata a pagare in caso di ‘no deal‘. Una carta che Johnson ritiene “fondamentale” avere a disposizione, ma che a Westminster si stava lavorando per smontare, impegnando il primo ministro in senso contrario. Di qui la decisione di ricorrere a quella che qualcuno arriva a definire una “bomba nucleare”. Da capire che impatto avrà la decisione di Johnson sull’opinione pubblica. Un sondaggio YouGov stima che il 47% dei britannici sia contrario alla decisione di Johnson, mentre il 27% la approva. La legge britannica prevede che si possano raccogliere firme sul sito web del Parlamento e, superate le 100mila firme, queste debbano essere prese in considerazione per essere dibattute alle camere. La petizione contro la sospensione, avviata in mattinata, a metà pomeriggio aveva già superato le 500mila sottoscrizioni, a un ritmo vertiginoso: risultato che, in linea teorica, aprirebbe la discussione. Ma la stessa Costituzione inglese non prevede che i deputati possano votare contro la sospensione, prerogativa – come detto – del sovrano. Dunque la protesta potrebbe spostarsi anche in strada. Il The Guardian informa che sono già state organizzate due manifestazioni di piazza, una a Leeds e l’altra a Londra, proprio davanti a Westminster, organizzata dal movimento ‘Another Europe is possible’. Cortei sono previsti fra oggi e domani anche a Birmingham, Liverpool, Milton Keynes, Chester, Manchester, Edinburgo, Cambridge, Cardiff, Durham e Bristol. Photogallery - Picchetti davanti il Parlamento Britannico Photo by Giovanni Di Cecca / MagnaPicture.com --- Archivio Storico dicecca.net - MONITORE NAPOLETANO
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