Milano - Spari al Tribunale - I profili del killer e delle vittime |
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Scritto da Redazione |
Venerdì 10 Aprile 2015 12:26 |
Ecco chi sono le vittime e l'autore della strage. E' polemica intanto sulla sicurezza con l'Anm che chiede provvedimenti e il presidente della Repubblica che convoca d'urgenza una riunione del plenum del Csm.
IL GIUDICE
Nato a Fontana Rosa, in provincia di Avellino il 18 giugno del 1943, era prossimo alla pensione. Già a cavallo tra gli anni '70 e '80 era giudice delegato alla sezione fallimentare. In quel periodo, tra l'altro, fu tra i fondatori della rivista 'Il fallimento'. Poi, per lunghi anni è stato all'ottava sezione civile del Tribunale, quella che si occupa di diritto societario, prima come giudice e poi come presidente. Dal 19 giugno al 30 settembre 2009 ha guidato ad interim la sezione fallimentare del Tribunale di Milano che stava attraversando un periodo delicato: era nel pieno dello scandalo che aveva coinvolto il giudice fallimentare Maria Rosaria Grossi, finita sotto accusa dalla procura di Brescia per testata concussione e abuso d'ufficio. Ciampi aveva sostituito lo storico presidente Bartolomeo Quatraro, con il quale, si racconta, non correva buon sangue, e aveva retto l'ufficio fino alla nomina di Filippo Lamanna. Autore di numerosi testi sul diritto societario e fallimentare, da un paio di anni era passato alla sezione specializzata in materia di impresa per occuparsi di marchi, brevetti, concorrenza sleale e diritto d'autore. Conosciuto da tutti per il suo rigore, la sua integrità e la sua notevole competenza, era noto anche per la durezza con cui gestiva le udienze al punto essere stato a volte criticato dai professionisti con cui ha avuto a che fare. Professionisti che comunque hanno sempre riconosciuto la sua grande professionalità. Qualcuno, oggi, l'ha definito un 'giudice anglosassone' ricordando il modo con cui scriveva i suoi provvedimenti: concentrava la sua decisione in poche pagine o addirittura righe in stile asciutto ma sempre "pregnante" in quanto aveva la capacità di andare al cuore della questione. Definito una persona "eclettica", Ciampi, oltre al lavoro che faceva con scrupolo, aveva anche altre due passioni: amava coltivare il suo orto e leggere libri di letteratura straniera, in tedesco e in inglese, lingue che conosceva alla perfezione. Per essersi occupato di una causa legata al fallimento della Immobiliare Magenta, è stato ucciso con due colpi di pistola da Claudio Giardiello.
L'AVVOCATO
Portato al pronto soccorso del Fatebenefratelli, l'avvocato è arrivato in asistolia: nonostante le manovre rianimatorie, i sanitari non sono riusciti a far ripartire il suo cuore, a salvare quella che tutti ricordano come una promessa dell'avvocatura civile. "Giardiello era stato cliente di mio nipote - racconta l' avvocato Alessandro Brambilla Pisoni, zio di Lorenzo - poi aveva iniziato a combinare disastri e lui ha smesso di seguirlo. Sapevo che oggi mio nipote era in aula come testimone in una causa penale perché Giardiello era stato denunciato". Doveva dunque testimoniare contro il suo ex cliente? "In una causa non si testimonia né a favore né contro qualcuno, ma per la verità e la giustizia": una spiegazione tecnica, quella dello zio, che è quasi un ritratto del nipote, descritto da chi lo conosceva bene come una persona molto ligia al dovere, un avvocato che non mollava mai. Lui, che veniva da una famiglia tutta legata alla legge, con la mamma Alberta avvocato, oggi in pensione, lo stesso zio legale e la sorella Francesca magistrato a Pavia, era quello che veniva consultato da parenti e amici quando c'era un problema legale. Dopo aver frequentato il liceo scientifico Leonardo da Vinci ed essersi laureato all'Università Statale di Milano, ha avuto un periodo di prestigiose collaborazioni prima di aprire uno studio legale, guadagnandosi la stima dei colleghi per la sua capacità di analisi del diritto. Era un avvocato molto capace, attivo soprattutto nel campo del diritto societario e aveva vinto importanti cause legate allo scandalo derivati, ma era anche un giovane molto legato alla famiglia, in particolare alla sorella minore e alla nonna, con cui aveva passato molto tempo. Parenti e amici ricordano che andava a pranzo dalla nonna quasi ogni giorno e che nelle ultime festività di Pasqua aveva rinunciato alle vacanze all'Elba, dove la famiglia possiede un'azienda vinicola gestita dal padre Aldo, per restare a Milano con lei. Lorenzo Appiani, che gli amici chiamavano affettuosamente 'Conte' per via delle origini nobili della famiglia Appiani (Signori di Piombino dal '300 al '500), era un giovane di idee liberali. "Mio fratello - racconta la sorella Francesca - all' inizio si era entusiasmato alle idee che gli sembravano liberali di Forza Italia, salvo poi abbandonare sia il partito sia l'attività politica per dedicarsi solo all'avvocatura. Non aveva intenzione di riprendere l'attività politica, era completamente preso dalla professione e da una bellissima carriera". Lorenzo, che non era sposato, viveva da solo, nello stesso palazzo dove vive la sorella, di fronte alla nonna e a pochi metri dai genitori. "Per me mio fratello è stato il mio consigliere, l' ispiratore dei miei studi, ho fatto di tutto per emularlo, è stato un fratello guida, che negli ultimi anni - ricorda Francesca Appiani - avevo scoperto anche nella funzione dolcissima di zio dei miei bambini, cui si dedicava molto".
IL CO-IMPUTATO - Giorgio Erba, una delle tre persone che Claudio Giardiello ha ucciso per "vendetta", era coimputato nel processo per la bancarotta della Immobiliare Magenta, società di cui il pluriomicida è stato amministratore con la quota di maggioranza fino al 2008, quando si è verificato il crac. Nato il 4 agosto del 1955 a Cologno Monzese (Milano), Erba viveva in Brianza con la sua famiglia ed era rimasto coinvolto nel procedimento per bancarotta assieme a Giardiello e ad altri quattro imputati, tra cui anche Davide Limongelli, nipote del killer e ferito nella sparatoria dentro il Tribunale di Milano, e Massimo D'Anzuoni. Quest'ultimo sarebbe stato l'obiettivo finale dell'autore delle strage, se i carabinieri non l'avessero bloccato a Vimercate (Monza). Erba, assieme a Silvio Tonani, era consigliere della Miani, una società edile nella quale Giardiello, attraverso la Magenta e in condivisione con un'altra azienda, la Cisep, deteneva quote di partecipazione. E i dissapori tra l'immobiliarista-omicida e Erba sarebbero nati proprio nell'ambito di un contenzioso legato ad una presunta contabilità occulta e ad un giro di affari in nero all'interno di un'operazione immobiliare in via Biella, a Milano. Quando è arrivato in ospedale, al Policlinico, Erba era praticamente già morto, tanto che i medici non sono nemmeno riusciti ad operarlo. "Da cittadino e da avvocato dico che è vergognoso che un uomo armato sia potuto entrare nel tribunale di Milano", ha spiegato l'avvocato Luca Secco, legale di Erba e che stamani era presente in aula quando Giardiello ha esploso più di dieci colpi. "E' stata un'azione molto violenta e determinata che ci ha lasciati sbigottiti", ha aggiunto il legale, che poi è stato vicino ai familiari della vittima, distrutti dal dolore
IL SOCIO DI GIARDIELLO - Ferito anche Davide Limongelli, socio di Giardiello nella società "Magenta Immobiliare" di Milano, presente in aula a sua volta come coimputato. Non è chiaro che tra le vittime vi sia anche una quarta persona.
LA TITOLARE DELL'INCHIESTA - Avrebbe dovuto essere Bruna Albertini il pm presente in aula oggi al processo durante il quale Claudio Giardiello imputato per la bancarotta della Magenta Immobiliare, ha sparato e ucciso un avvocato e un coimputato e poi è corso nell'ufficio del Giudice Ciampi per ammazzarlo. Il pm Albertini infatti è il titolare dell'inchiesta che ha portato alla sbarra il killer e questa mattina, essendo impegnata anche in una udienza all'ufficio gip, ha chiesto al pm Luigi Orsi di sostituirla nel dibattimento alla seconda sezione penale. Una sostituzione all'ultimo minuto che per alcuni in procura è stata da un certo punto di vista provvidenziale, in quanto il pm Albertini ha più volte anche interrogato il killer. "Poichè voleva uccidere tutti quelli che riteneva responsabili del suo fallimento - è stato fatto notare al quarto piano di palazzo di Giustizia di Milano - sicuramente avrebbe sparato o comunque fatto del male a Bruna Albertini se solo fosse stata in aula".
Ed è bufera sulla sicurezza. Renzi, falle in sistema "Sono tranquillo", l'episodio "non è collegato a Expo - aggiunte il governatore lombardo Roberto Maroni - ma a una lacuna nel sistema di sicurezza e controllo del tribunale che va subito colmata". E lo stesso Renzi ammette che "il controllo non può permettersi buchi e falle come quelli che ci sono stati nel tribunale di Milano". La gravità della vicenda ha spinto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a convocare un plenum straordinario del Csm. "La società democratica - ha detto il Capo dello Stato - è per sua natura vulnerabile: alle insidie criminali lo Stato risponde con fermezza, nel pieno rispetto dei diritti". Gli inquirenti - ha aggiunto - "faranno piena luce", "spetterà poi ai vertici degli uffici giudiziari di Milano e al ministro della Giustizia prendere i dovuti provvedimenti perché simili fatti non si ripetano". E se il vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, sottolinea che "magistrati, avvocati, personale, tutti i fruitori hanno diritto ad operare in condizioni di assoluta sicurezza", il ministro della Giustizia, che si è recato a Milano, intende convocare in via Arenula, entro una decina di giorni, i procuratori generali presso le corti d'appello. E' sulla base delle loro disposizioni, infatti, che viene effettuata la vigilanza all'interno dei tribunali. E' innegabile che, per la sua stessa dinamica, l'episodio di Milano, sebbene isolato, abbia acceso i riflettori su un problema. I primi elementi resi noti dal procuratore capo di Milano Bruti Liberati dicono che Claudio Giardiello, alle spalle una storia come imputato in una causa fallimentare, è entrato in giacca e cravatta, esibendo un tesserino falso, dall'ingresso, non presidiato da metal detector, da cui entrano anche avvocati e magistrati, che, per prassi, non sono soggetti al più rigido controllo riservato agli altri. Probabilmente sempre di lì è uscito ed è scappato in scooter. Era armato, ma nessuno se n'è accorto: ha ucciso tre persone, tra cui il giudice Ciampi, e ne ha ferite due. Se all'interno del tribunale operano i carabinieri, agli ingressi esterni il servizio è affidato a privati. Come spiega Enrico Doddi, segretario nazionale Ugl sicurezza civile, "il Comune lo ha appaltato a due società: Allsystem e Securpolice. La prima opera con guardie giurate armate. La seconda con addetti non armati". Tra gli avvocati che frequentano il tribunale, c'è chi dice che i controlli non sono serrati e chi assicura il contrario. Il punto è che ogni giorno al palazzo di giustizia milanese passano dalle 4 alle 5 mila persone. Riproporre controlli ferrei, e molto lunghi, come quelli dell'epoca del terrorismo, comporterebbe altri protocolli, molto personale e forse non è neppure pensabile. Ma ciò non toglie che la sequenza di quanto accaduto oggi dovrà essere esaminata passo passo per capire quale sia stato il punto debole in un sistema, che come ha detto Orlando, "ha visto compiersi un insieme di errori gravi". |