La legge n. 270 del 21 dicembre 2005 è la legge che ha modificato il sistema elettorale italiano, delineando la disciplina attualmente in vigore. È stata ideata principalmente dal ministro Roberto Calderoli, ma poi definita dallo stesso in un'intervista «una porcata».[1] Proprio per questo venne denominata porcellum dal politologo Giovanni Sartori. Sostituì le leggi 276 e 277 del 1993 (cosiddetto Mattarellum), introducendo un sistema radicalmente differente.
Voluta da Silvio Berlusconi, che il 4 ottobre 2005 "minaccia la crisi di governo nel caso in cui non venisse approvata la riforma elettorale proporzionale", la legge fu approvata a pochi mesi dalle elezioni politiche con i voti della maggioranza parlamentare della Casa delle Libertà (principalmente Forza Italia, Alleanza Nazionale, Unione dei Democratici Cristiani, Lega Nord), senza il consenso dell'opposizione (principalmente Italia dei Valori, Democratici di Sinistra, Margherita, Partito della Rifondazione Comunista), che l'ha duramente criticata e contrastata. Ha modificato il precedente meccanismo misto, per 3/4 a ripartizione maggioritaria dei seggi, in favore di un sistema proporzionale corretto, a coalizione, con premio di maggioranza ed elezione di più parlamentari contemporaneamente in collegi estesi, senza possibilità di indicare preferenze.
La legge finora ha regolato le elezioni politiche italiane del:
- 2006, con formazione della XV Legislatura della Repubblica Italiana;
- 2008, con formazione della XVI Legislatura della Repubblica Italiana.
Nel 2009 si tennero tre referendum abrogativi, tesi a modificare tale legge in più punti. Questi referendum, inizialmente fissati per il 18 maggio 2008, sono stati poi rimandati al 21 giugno 2009 per lo scioglimento anticipato delle Camere, avvenuto il 6 febbraio 2008. Tutti e tre i referendum non sono riusciti a raggiungere il quorum del 50% più un elettore, pertanto sono stati dichiarati non validi.
La legge si può considerare in controtendenza con l'esito del referendum del 18 aprile 1993, il quale, con un consenso dell'82,7% dei voti e un'affluenza del 77%, portò all'abrogazione di alcuni articoli della vecchia normativa elettorale proporzionale del Senato, configurando un sistema maggioritario, delineato in seguito dalle leggi 276 (per il Senato) e 277 (per la Camera, nota anche come legge Mattarella) del 4 agosto 1993. Il sistema introdotto dalla legge 270 è completamente nuovo. Il premio di maggioranza per la coalizione vincente alla Camera (caratteristica che si riscontra all'estero solo in Grecia e a San Marino) era già apparso in due leggi elettorali italiane del passato: la legge Acerbo del 1923 e la cosiddetta "legge truffa" del 1953, ma in entrambe ci furono delle soglie di sbarramento per raggiungerlo, cosa che il porcellum non prevede.
Caratteristiche principali
Punti salienti della legge sono:
- Abolizione dei collegi uninominali: l'elettore precedentemente poteva votare su due schede per la Camera dei Deputati e una scheda per il Senato. Mentre la parte proporzionale alla Camera veniva espressa con la seconda scheda, dando la possibilità di scegliere una lista, al Senato si procedeva a un recupero su base regionale fra i non eletti all'uninominale.
- Liste bloccate: con l'attuale sistema, replicante quello in vigore per la quota proporzionale prevista dal precedente Mattarellum, l'elettore si limita a votare solo per delle liste di candidati, senza la possibilità, a differenza di quanto si verifica per le elezioni europee, regionali e comunali, d'indicare preferenze. L'elezione dei parlamentari dipende quindi completamente dalle scelte e dalle graduatorie stabilite dai partiti.
- Premio di maggioranza: viene garantito un minimo di 340 seggi alla Camera dei deputati alla coalizione che ottiene la maggioranza relativa dei voti. Da notare che 12 seggi, assegnati alla "circoscrizione Estero", sono contemplati a parte, come anche il seggio della Valle d'Aosta. I voti della Valle d'Aosta e degli italiani all'estero non sono calcolati nemmeno nella determinazione della coalizione vincente. Per quanto concerne il Senato, il premio di maggioranza è invece garantito su base regionale,[6] in modo da assicurare alla coalizione vincente in una determinata regione almeno il 55% dei seggi ad essa assegnati. In Molise (2 seggi) e all'estero (6 seggi) non è previsto alcun premio di maggioranza al Senato; nelle altre regioni alle elezioni politiche italiane del 2008 la coalizione vincente otterrà almeno 13 seggi su 22 in Piemonte, 26 su 47 in Lombardia, 14 su 24 in Veneto, 4 su 7 in Friuli-Venezia Giulia, 5 su 8 in Liguria, 12 su 21 in Emilia-Romagna, 10 su 18 in Toscana, 4 su 7 in Umbria, 5 su 8 nelle Marche, 15 su 27 nel Lazio, 4 su 7 in Abruzzo, 17 su 30 in Campania, 12 su 21 in Puglia, 4 su 7 in Basilicata, 6 su 10 in Calabria, 15 su 26 in Sicilia, 5 su 9 in Sardegna. In Valle d'Aosta, cui è assegnato un solo seggio, il sistema elettorale è forzatamente uninominale, come pure in Trentino-Alto Adige per 6 dei 7 seggi assegnati alla Regione.
- Programma elettorale e capo della forza politica: la legge prevede l'obbligo, contestualmente alla presentazione dei simboli elettorali, per ciascuna forza politica di depositare il proprio programma e di indicare il proprio capo.
- Coalizioni: la legge prevede la possibilità di apparentamento reciproco fra più liste, raggruppate così in coalizioni. Il programma ed il capo della forza politica, in caso di coalizione, devono essere unici: in questo caso viene assunta la denominazione di Capo della coalizione. Egli tecnicamente non è candidato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, poiché spetta al Presidente della Repubblica la nomina a quell'incarico.
- Soglie di sbarramento: per ottenere seggi alla Camera, ogni coalizione deve ottenere almeno il 10% dei voti nazionali; per quanto concerne le liste non collegate la soglia minima viene ridotta al 4%. La stessa soglia viene applicata alle liste collegate ad una coalizione che non ha superato lo sbarramento. Le liste collegate ad una coalizione che abbia superato la soglia prescritta, partecipano alla ripartizione dei seggi se superano il 2% dei voti, o se rappresentano la maggiore delle forze al di sotto di questa soglia all'interno della stessa (il cosiddetto miglior perdente). Al Senato le soglie di sbarramento (da superare a livello regionale) sono pari al 20% per le coalizioni, 3% per le liste coalizzate, 8% per le liste non coalizzate e per le liste che si sono presentate in coalizioni che non abbiano conseguito il 20%. Questo metodo ricorda quello della legge elettorale usata in Toscana, che prevede simili sbarramenti.
- Minoranze linguistiche: le liste delle minoranze linguistiche riconosciute coalizzate o non, potranno comunque accedere al riparto dei seggi per la Camera dei Deputati ottenendo almeno il 20% dei voti nella circoscrizione in cui concorrono. Come già descritto, per il Senato della Repubblica è stato previsto che 6 dei 7 seggi spettanti al Trentino-Alto Adige siano assegnati tramite collegi uninominali, mantenendo in quest'unica Regione il meccanismo previsto dal previgente Mattarellum.
La legge ha introdotto la novità delle circoscrizioni estere, che permettono di eleggere 12 seggi alla Camera dei deputati (6 in Europa, 3 in America Meridionale, 2 in America Settentrionale e Centrale, 1 in Africa, Asia, Oceania e Antartide) e 6 seggi al Senato della Repubblica (2 in Europa, 2 in America Meridionale, 1 in America Settentrionale e Centrale e 1 in Africa, Asia, Oceania e Antartide).
Schema logico
I passaggi logici in base al quale la legge in oggetto assegna i 617 seggi in palio alla Camera dei Deputati per il Collegio unico nazionale sono quelli di seguito riportati:
- si determinano i voti validi, assommando le schede votate depurate da quelle bianche e nulle (esclusi i voti della Val D'Aosta e i voti dalla circoscrizione Estero);
- si determinano le coalizioni e le liste che abbiano superato rispettivamente la soglia del 10% e del 4% dei voti validi;
- tra le liste che non facciano parte di coalizioni che rispettino il punto 2, e che si siano presentate unicamente in Trentino-Alto Adige o unicamente in Friuli-Venezia Giulia, si individuano quelle che abbiano superato il 20% dei voti nella propria Regione;
- tutti i voti espressi per liste che non rispettino nessuna delle clausole previste al punto 2 o al 3, sono definitivamente eliminati in quanto voti inefficaci;
- si procede ad una ripartizione virtuale dei seggi utilizzando il metodo Hare del quoziente naturale e dei più alti resti: a tal fine, il dividendo è rappresentato dalla somma dei voti efficaci di cui al punto 4, il divisore è pari a 617, il quoziente viene considerato nella sola parte intera. Si badi che, per il momento, i voti delle coalizioni di cui al punto 2 sono utilizzati in blocco, senza alcun riguardo alla suddivisione fra le singole liste ricomprese;
- se in base al conteggio di cui al punto 5, la coalizione più votata si è vista attribuire almeno 340 seggi, il calcolo virtuale effettuato diviene reale e definitivo;
- se in base al conteggio di cui al punto 5, la coalizione più votata non ha raggiunto la soglia di 340 seggi, questi le vengono assegnati d'ufficio;
- nel caso di cui al punto 7, si procede al ricalcolo reale e definitivo dei seggi attribuiti alle minoranze, procedendo nella stessa maniera di cui al punto 5, ma utilizzando come dividendo la differenza fra i voti efficaci e i voti ottenuti dalla coalizione di maggioranza, e come divisore la cifra di 277;
- si procede quindi alla suddivisione interna dei seggi attribuiti alla coalizione di maggioranza e a quelle di minoranza, assegnandoli alle singole liste componenti. A tal fine, vengono considerate unicamente le liste che abbiano ottenuto il 2% dei voti validi di cui al punto 1, oppure che siano, all'interno di ciascuna coalizione, la lista più votata fra quelle che non abbiano raggiunto il 2%, oppure che abbiano superato il 20% dei voti in Trentino-Alto Adige o in Friuli-Venezia Giulia, se si sono presentate unicamente in una di quelle due Regioni;
- per l'individuazione dei seggi da attribuire alle liste che abbiano rispettato almeno una delle clausole di sbarramento di cui al punto 9, si procede in modo simile al meccanismo di cui al punto 5, utilizzando come dividendo i voti della singola coalizione, e come divisore i seggi attribuiti alla coalizione in base ai punti 6, 7 e 8;
- la distribuzione dei 617 seggi della Camera fra le singole liste è ora definitiva. La legge suddivide i seggi guadagnati da ogni lista fra le circoscrizioni, in proporzione ai voti ottenuti da ogni lista locale. Nel compiere tale riparto, essendo fisso ed immutabile il numero totale di seggi assegnati ad ogni lista, può verificarsi la necessità di variare il numero di seggi originariamente attribuiti alle singole circoscrizioni elettorali.
Ai 617 seggi così assegnati, si unisce quello uninominale attribuito alla Valle d'Aosta, e i 12 seggi appannaggio dei cittadini italiani all'estero, suddivisi col metodo proporzionale e possibilità di voto di preferenza. La composizione della Camera dei Deputati è così delineata.
Per quanto riguarda il Senato, la ripartizione avviene a livello regionale con uno schema del tutto simile a quello previsto per la Camera. Rispetto al meccanismo sopra illustrato e relativo a Montecitorio, quello individuante la composizione di Palazzo Madama si discosta nei seguenti punti:
- il conteggio dei voti è effettuato per ogni singola Regione, e nessuna valenza ha la sommatoria nazionale dei voti delle liste politiche;
- la soglie di cui al punto 2 sono elevate rispettivamente al 20% e 8% dei voti validi;
- la suddivisione dei seggi avviene in base al numero di scranni, costituzionalmente immodificabile, assegnato a ciascuna Regione, mentre il premio di maggioranza regionale è fissato al 55% dei seggi;
- in deroga a quanto appena affermato, in Molise non è previsto premio di maggioranza;[8]
- la soglia di sbarramento di cui al punto 9 diviene unica ed individuata nel 3% dei voti validi.
Il seggio della Valle d'Aosta è attribuito in maniera uninominale, come pure quelli riservato agli italiani risiedenti in Nordamerica e in Asia-Africa-Oceania. I due seggi attribuiti ai residenti in Europa e in Sudamerica vengono assegnati con metodo proporzionale e voto di preferenza. In Trentino-Alto Adige, mantenendo il previgente Mattarellum, sono istituiti 6 collegi uninominali, 3 in Trentino e 3 in Alto Adige, mentre un seggio è attribuito sommando a livello regionale i voti dei candidati perdenti che abbiano dichiarato di collegarsi in una lista, individuando la lista più votata, ed attribuendo il seggio al candidato miglior perdente all'interno di tale lista.
Circoscrizioni
Il territorio nazionale italiano è suddiviso in 27 circoscrizioni plurinominali assegnatarie di un numero di seggi variabili a seconda della popolazione. Ogni circoscrizione comprende una o più province, secondo il seguente elenco:

- Torino (Torino);
- Cuneo (Cuneo, Alessandria, Asti, Biella, Novara, Verbania, Vercelli);
- Milano (Milano, Monza);
- Brescia (Brescia, Bergamo, Como, Lecco, Sondrio, Varese);
- Mantova (Mantova, Cremona, Lodi, Pavia);
- Trento (Regione Trentino-Alto Adige);
- Verona (Verona, Padova, Vicenza, Rovigo);
- Venezia (Venezia, Belluno, Treviso);
- Trieste (Regione Friuli-Venezia Giulia);
- Genova (Regione Liguria);
- Bologna (Regione Emilia-Romagna);
- Firenze (Regione Toscana);
- Perugia (Regione Umbria);
- Ancona (Regione Marche);
- Roma (Roma);
- Viterbo (Viterbo, Frosinone, Latina, Rieti);
- L'Aquila (Regione Abruzzo);
- Campobasso (Regione Molise);
- Napoli (Napoli);
- Salerno (Salerno, Avellino, Benevento, Caserta);
- Bari (Regione Puglia);
- Potenza (Regione Basilicata);
- Catanzaro (Regione Calabria);
- Palermo (Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta);
- Catania (Catania, Messina, Siracusa, Ragusa, Enna);
- Cagliari (Regione Sardegna);
- Aosta e Estero (Il mondo).
Effetti particolari
Nelle elezioni politiche del 2006 si erano schierate 2 coalizioni che avevano spartito tutti i voti quasi ugualmente, ottenendo una maggioranza di Governo veramente pareggiata all'opposizione. Nelle elezioni politiche del 2008, invece, a causa anche della deflagrazione della coalizione L'Unione creata da Romano Prodi, e a causa della scelta dell'UDC e del partito La Destra di staccarsi dalla coalizione Lega Nord-PDL c'è stato un cambiamento radicale della configurazione politica. Oltre a due coalizioni che si spartivano l'80% dei voti, si sono presentati altri partiti che non superando le soglie di sbarramento, ora applicabili, non sono entrati in Parlamento. Gli unici partiti politici italiani rimasti indenni dagli sbarramenti sono così quelli della coalizione Lega Nord-PDL-MPA, quelli della coalizione PD-Italia dei Valori e infine, l'UDC, riuscito ad entrare alla Camera dei deputati con 36 seggi e al Senato della Repubblica con 3.
Il referendum
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Per approfondire, vedi la voce Referendum abrogativi del 2009. |
Nel 2007 un gruppo di promotori (all'interno del quale spiccano i nomi di Mario Segni e Giovanni Guzzetta) ha raccolto le firme necessarie per proporre un referendum che cancellasse alcune parti della legge elettorale per modificarne il significato (in modo simile a quanto operato nel 1993 prima del Mattarellum). Inizialmente aveva ricevuto il sostegno di politici di entrambi gli schieramenti, come Gianfranco Fini e Arturo Parisi. I partiti però sono rimasti piuttosto freddi (quando non ostili) all'iniziativa. Inoltre il cambiamento dello scenario politico ha portato, specie nel centro-sinistra, a un nuova riflessione sui referendum.
I tre quesiti del referendum sono stati dichiarati ammissibili dalla Corte Costituzionale, ma la votazione è stata rimandata al giugno 2009 a causa della caduta del Governo Prodi II. Il quorum al referendum non venne raggiunto. Essi prevedevano da una parte l'abolizione del collegamento tra liste, togliendo la possibilità di collegarsi creando coalizioni: il premio di maggioranza sarebbe così andato alla lista singola che avesse raccolto più voti; d'altra parte, l'abolizione della facoltà di candidare una stessa persona in più collegi differenti avrebbe eliminato la pratica del cosiddetto "ripescaggio": la persona eletta in più collegi può scegliere in quale collegio convalidare l'elezione, in questo modo rendendo eletto anche il primo dei non eletti.
Il 30 settembre 2011 1.210.466 firme per l'abolizione della legge in questione sono state depositate alla Corte di cassazione, che ha dato il via libera formale il 2 dicembre 2011. Il 12 gennaio 2012 però la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili i quesiti referendari poiché avrebbero lasciato una situazione di vuoto legislativo qualora approvati dal voto.
Critiche giuridiche
La Corte costituzionale, nelle sentenze di ammissibilità dei referendum elettorali per l'abrogazione parziale di questa legge, ha velatamente messo in dubbio la legittimità costituzionale di alcuni suoi punti. Lo ha ricordato il relatore del Senato nella seduta di verifica dei poteri degli eletti in Campania, affermando che "Il giudizio di costituzionalità instaurato dinanzi alla Corte in ragione dell'eccezione Scotti potrebbe consentirle di riprendere la questione ex professo, anche mediante l'eccezione di costituzionalità innanzi a sé stessa".
Alle elezioni politiche del 2008 è stato proposto di adottare uno schema di voto impropriamente denominato "disgiunto" in segno di protesta contro l'attuale legge elettorale (e contro l'impossibilità di esprimere preferenze nominali). È stato suggerito di votare alla camera per lo schieramento di centro-destra (PDL) e al senato per quello di centro-sinistra (PD). Scindendo il voto in due opposte preferenze si riteneva di poter influenzare il risultato elettorale attribuendo una camera alla destra ed una alla sinistra. Nessuno dei due candidati premier avrebbe potuto governare non avendo la maggioranza in entrambe le camere. I due schieramenti si sarebbero dovuti accordare necessariamente ai fini della formazione di un governo tecnico (transitorio) che sarebbe stato costretto a modificare la legge elettorale. Tale risultato sarebbe stato realizzato anche se solo avessero aderito gli aventi diritto al voto che in genere si astengono (non votando o lasciando scheda bianca o nulla). In prossimità delle elezioni l'idea di un voto disgiunto (anche detto "voto di sfiducia costruttivo") è stata avanzata e sostenuta in un articolo del Corriere della Sera dall'illustre politologo Giovanni Sartori.