Basilica di San Paolo Maggiore |
Giovedì 10 Gennaio 2013 20:12 | ||||||
La Basilica di San Paolo Maggiore è una basilica di Napoli, situata in corrispondenza dell'agorà greca (e successivamente del foro romano), in piazza San Gaetano, costruita sui resti del tempio dei Dioscuri di cui restano due colonne di ordine corinzio con i relativi architravi che sporgono dalla facciata.
La basilica ospita all'interno due importanti opere: l'Angelo custode di Domenico Antonio Vaccaro, che rappresenta una delle più importanti sculture napoletane del XVIII secolo; e la sacrestia di Solimena.
Storia
Il tempio dei Dioscuri (I secolo d.C.) è l'area sulla quale insiste la chiesa. Il suo fronte, con sei colonne e timpano triangolare completo di sculture, rimase in piedi sino al 1688, quando crollò a causa di un terremoto.
La prima chiesa dedicata a San Paolo in quell'area venne eretta tra l'VIII e il IX secolo per celebrare la vittoria riportata dai napoletani sui Saraceni, alle spalle del pronao del tempio pagano. Nel 1538 vi si insediarono i Chierici Regolari Teatini, che solo molti anni, nei primi anni ottanta del Cinquecento, avviarono una vasta campagna di ricostruzione, affidata al progettista Francesco Grimaldi. Inoltre, ricordiamo che questo architetto si occupò anche di altri incarichi; ad esempio, creò il pregevole altare maggiore dalle armoniose proporzioni.
Intorno alla prima metà del Cinquecento, la chiesa incontrò Andrea Avellino il quale entrò in San Paolo come postulante. Nel 1567, padre don Andrea Avellino venne nominato preposito di San Paolo Maggiore e ricoprì questo ruolo nei successivi dieci anni. Nel maggio del 1585, dopo i tumulti scoppiati a Napoli a seguito dell'uccisione del capo popolo G.B. Starace da parte della folla inferocita, il santo si operò come mediatore e mise a disposizione dei bisognosi le risorse del suo ordine. Oggi, le spoglie del santo sono presenti all'interno della basilica.
Nel corso del Seicento vi furono importanti lavori di decorazione e abbellimento. Nel 1642 Massimo Stanzione affrescò il soffitto della navata centrale. Nel 1671 Dionisio Lazzari, in occasione delle celebrazioni per la canonizzazione di Gaetano Thiene, realizzò una volta in muratura che collegava la facciata della chiesa e le colonne del vecchio tempio pagano. Fu probabilmente a causa dell'intervento operato da Lazzari che la struttura antica, notevolmente appesantita, non resistette al terremoto del 1688.
Nel Settecento i lavori di abbellimento proseguirono, soprattutto a opera di Domenico Antonio Vaccaro e Francesco Solimena, che riutilizzarono i marmi antichi crollati col terremoto, rilavorandoli e mettendoli in opera all'interno, per rivestire il pavimento e le paraste della navata centrale. Ulteriori lavori vennero intrapresi da Giuseppe Astarita verso gli anni settanta del Settecento, in occasione della proclamazione a beato di Paolo Burali d'Arezzo.
Esterno
Particolare della scalinata principale
Particolare dell'ingresso
La prima parte ad essere edificata fu il grande transetto con la profonda abside poligonale. Dopo una interruzione, i lavori ripresero sotto la guida di Giovan Battista Cavagna, responsabile della costruzione della navata centrale. A partire dal 1625 vennero costruite le navate laterali, ad opera di Giovan Giacomo di Conforto.
La Basilica presenta una facciata progettata da Arcangelo Guglielmelli, che riuscì ad inglobare nel nuovo progetto le uniche due colonne corinzie, risalenti all'antico tempio dei Dioscuri, rimaste in piedi a seguito del terremoto del 1688. Le stesse vengono così lasciate ai lati dell'ingresso principale. Ancora più ai margini della facciata principale, vi sono collocate due nicchie con statue raffiguranti i santi Pietro e Paolo.
Nel 1943 nel corso di un bombardamento aereo degli alleati, la chiesa venne gravemente danneggiata. Nel 1962, durante i lavori di ristrutturazione, furono rinvenuti resti del primitivo tempio e anche un cimitero, oggi visitabili tramite l'accesso da una porta posta sotto le scalinate principali della basilica.
La basilica incorpora inoltre altri due complessi religiosi. Uno, il Santuario di San Gaetano Thiene, vede l'ingresso posto sulla base destra della scalinata principale, accessibile direttamente da piazza San Gaetano. L'altro edificio, la chiesa del Santissimo Crocifisso detta la Sciabica, vede l'ingresso posto direttamente sotto la base dell'antico tempio romano dei Dioscuri.
Sul lato destro destro del complesso (rispetto a chi guarda frontalmente la facciata), vi è un accesso laterale tramite una scalinata collegata ad una porta posta subito dopo la seconda cappella della navata di destra della chiesa.
L'interno
Interno
La pianta è a croce latina, a tre navate: la navata centrale e il transetto hanno una copertura ribassata a padiglione, mentre le navate minori sono voltate con una successione di cupolette ellittiche. Il soffitto della navata centrale, gravemente danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, conserva resti degli affreschi di Massimo Stanzione raffiguranti le Storie dei santi Pietro e Paolo, di San Gaetano e La Vittoria dei napoletani sui Saraceni, tutti eseguiti tra il 1643-44.
Particolare degli affreschi di Massimo Stanzione
Nella navata centrale è esposta la statua dell'Angelo custode, opera di Domenico Antonio Vaccaro, scolpita nel 1724 per la cappella omonima (la terza della navata sinistra), ricostruita in quegli anni su progetto di Francesco Solimena, e sostituita nel XIX secolo con una statua di Cristo.
Il soffitto del transetto e dell'abside sono andati interamente perduti (esclusi alcuni stucchi dell'abside). La storiografia ufficiale racconta che essi erano caratterizzati da affreschi sulla Vita e Passione di Cristo, sui Santi Apostoli, sui Santi protettori della città e sui Dottori della chiesa greca e della chiesa latina, ciclo interamente eseguito da Belisario Corenzio.
L'altare maggiore
Le navate laterali sono costituite da sette cappelle l'una, alle quali si alternano altre piccole cappelle contenenti cicli di affreschi, stucchi, sculture, storici presepi o lapidi marmorei. Delle sette cappelle, tre sono poste nel transetto, e di queste tre, due sono poste ai lati dell'abside.
Su progetto del Solimena, dopo la seconda cappella della navata di destra, si accede al succorpo, dedicato a San Gaetano. Merita citazione il pregevole pavimento maiolicato, opera del 1724 di Donato Massa.
L'altare maggiore, infine, è stato realizzato nel 1775-6 dal marmoraro Antonio di Lucca su disegno di Ferdinando Fuga, mentre sulla controfacciata vi è un affresco di Giovanni Battista Natali.
Le cappelle
In ordine crescente, dalla prima alla settima, considerando le quattro (due a destra e due a sinistra) poste ai lati del transetto e le due poste accanto all'abside (una alla sua sinistra ed una alla sua destra), le cappelle della basilica sono:
Il Marinoni fu il fondatore del monte di pietà; l'ambiente custodisce un dipinto di Paolo de Majo, Giovanni Marinoni rinuncia a diventare vescovo di Napoli e due tele di Nicola Malinconico, San Benedetto e San Paolino.
Caratterizzata dal cinquecentesco dipinto, posto sopra l’altare, raffigurante l’Adorazione dei Pastori, di Giovan Angelo Crisculo. Nelle pareti laterali vi è un affresco (a sinistra) ed il monumento funebre di Maria Beatrice Fierez Roediger (a destra).
Il santo fu colui che fondò l'ordine dei Teatini. I lavori interni ed esterni, quattro bassorilievi in stucco raffiguranti Scene della vita di san Gaetano, dei quali sue posti sulle pareti laterali della cappella e due sulle colonne esterne, furono affidati a Angelo Viva su commissione di Giuseppe Gonzaga nel 1805. Sulla parete frontale invece vi è un dipinto raffigurante San Gaetano eseguito da ignoto autore di scuola Vaccaro. I marmi risalgono al XVII secolo, mentre gli affreschi della volta sono databili alla seconda metà del Settecento e sono opera di Alessandro Fischetti.
Fu edificata nel 1642 ma completata molto più tardi con lo scopo unico di ospitare il dipinto della Madonna della purità, di Luis de Morales, che il sacerdote Diego Di Bernardo y Mendoza donò all'ordine dei Teatini nel 1641.
Cappella Paolo Burali d'Arezzo
Fu voluta nel 1773 per consacrare l'allora cardinale arcivescovo di Napoli. L'ambiente è sostanzialmente opera di diversi esponenti vicino al Vanvitelli. Il sepolcro di marmo che ospita il beato fu eseguito infatti da Antonio di Lucca, mentre le pitture interne appartengono a Jacopo Cestaro, che eseguì il Beato Paolo Burali d'Arezzo in orazione davanti alla Vergine ed il ciclo d'affreschi posto sul soffitto. La parete di sinistra, invece, ospita affreschi di Paolo De Matteis.
La cappella, fortemente rimaneggiata a seguito dei bombardamenti che subì, conserva alcune tele di Santolo Cirillo. All'interno della cappella, vi è una porta d'accesso alla sacrestia di Solimena.
Custodisce diverse donazioni fate dai Teatini durante gli anni e la cassa di ottone dorato dentro la quale è conservato il santo, che nel 1608 qui morì. Le decorazioni marmoree furono eseguito da Dionisio Lazzari e Nicola Tammaroalla fine del XVII secolo. Importanti lavori di ammodernamento furono poi eseguiti da Domenico Antonio Vaccaro che realizzò i gradini dell'altare e la custodia dell'ampolla che custodisce il sangue del santo. Due bassorilievi di Angelo Viva del 1805 raffiguranti Avvenimenti della vita del Santo caratterizzano le pareti laterali mentre la cupola presenta stucchi ed affreschi di Giuseppe Marullo raffiguranti i Miracoli di Sant'Andrea d'Avellino. Il dipinto posto sopra il sepolcro, infine, è opera di Paolo Finoglio e raffigura Sant'Andrea tra angeli.
Volta della cappella Borromeo
Fu dedicata al cardinale, presenta una tela sull'altare di Giuseppe Bonito, raffigurante San Carlo Borromeo e San Giuseppe Nepomuceno. La cappella come appare oggi deriva da lavori di ammodernamento eseguiti alla fine del XVIII secolo da Giuseppe Candido.
Il santo viene ritratto sulla parete frontale nel dipinto di Desiderio de Angelis insieme all'Immacolata Concezione. Sulla parete laterale sinistra vi è il monumento funebre di Donato Tomasi mentre in quella di destra vi è quello dedicato a Felice Tomasi che fu questi anche il committente dei due bassorilievi marmorei presenti all'esterno della cappella raffiguranti Angela Vannucci ed Annamaria Manforte.
Monumento funebre a Nicola Fergola
Possiede la cinquecentesca tavola di Cicino da Caiazzo raffigurante la Madonna con i santi Pietro e Paolo. Accanto alla cappella vi è il monumento funebre con il busto del matematico Nicola Fergola.
Proprio per la presenza in loco della scultura del Vaccaro voluta dalla famiglia Flasconi in loco, la cappella assume anche il nome della statua. Oggi l'opera marmorea è esposta nella navata centrale dello stesso complesso. Sulla parete di sinistra vi è un monumento funebre di Angelo Viva eseguito nel 1799 e dedicato al cardinale di Napoli Giuseppe Zurlo. Altre decorazioni sono opera di Giuseppe Candido del 1772.
Reliquie nella cappella dei santi Pietro e Paolo
Detta anche dell'Immacolata o dei reliquiari, la cappella fu costruita a seguito di un importante ampliamento della basilica effettuato alla fine del XVI secolo. La stessa ospita due complessi reliquiari, mentre gli affreschi nella volta e nelle lunette sono opera di Nicola Maria Rossi e databili alla prima metà del Settecento.
Ampiamente rimaneggiata a seguito di un bombardamento durante la seconda guerra mondiale, la cappella ospita alcune tele di Santolo Cirillo.
Di particolare interesse, per la bellezza dei rivestimenti parietali a marmi policromi realizzati da Dionisio Lazzari in società con Francesco Valentino e Simone Tacca a partire da 1640. La cappella Firrao fu costruita per volontà della stessa nobile famiglia la quale, vivendo forti periodi di espansione economica, decise attraverso diverse costruzioni in città (è il caso di palazzo Firrao) di mostrare la loro nuova posizione sociale. La cappella si presenta oggi nel suo aspetto originale.
Il chiostro
Al chiostro del complesso, oggi sede dell'archivio notarile, si accede da un vestibolo con colonne di granito provenienti dalla basilica paleocristiana e con affreschi alle pareti di Aniello Falcone. Al centro del chiostro si trova un pozzo, che secondo una credenza popolare offre l'acqua più fresca della città.
Bibliografia
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Ultimo aggiornamento Giovedì 10 Gennaio 2013 20:32 |