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Tempio dei Dioscuri di Napoli Stampa E-mail
Giovedì 10 Gennaio 2013 20:22

Il tempio dei Dioscuri è un tempio romano di Napoli sulle cui rovine sorge la basilica di San Paolo Maggiore in piazza San Gaetano.

Indice

  • 1 Cenni sui Dioscuri
  • 2 Storia
  • 3 Decorazione del frontone
  • 4 Note
  • 5 Bibliografia
  • 6 Voci correlate
  • 7 Altri progetti

Cenni sui Dioscuri

Nell'Odissea di Omero, Castore, domatore di cavalli, e Polluce, valente pugilatore, sono indicati come figli di Leda e di Tindaro. Secondo altre tradizioni erano figli di Zeus e per questo motivo chiamati Dioscuri, che in greco significa proprio figli di Zeus. Il culto dei due eroi costretti a vivere e morire ciascuno a giorni alterni era molto diffuso in Grecia, soprattutto a Sparta, ma anche nelle colonie della Magna Grecia e della Sicilia. I Dioscuri erano considerati numi della poesia, della musica e della danza, e nelle pòleis dell'Italia meridionale venivano venerati come protettori dei naviganti.

Del resto in una città marinara come Neapolis, era naturale che accanto ad Apollo e a Demetra Attica figurassero tra le patrie divinità anche i due intrepidi gemelli, legati al mare e cari a Poseidone.

Storia

Il tempio, prima e dopo il crollo del 1724

Il tempio venne probabilmente costruito inizialmente all'epoca della fondazione della città [1], come sembra provato dai resti di fondazioni attribuite al V secolo a.C., e fu dedicato ai Dioscuri, Castore e Polluce.

Fu ricostruito nella prima età imperiale, probabilmente sotto Tiberio (14-37 d.C.), nel quadro di una nuova sistemazione urbanistica dell'area del foro napoletano: il culto dei Dioscuri si era trasformato in un culto di tipo dinastico, strettamente collegato ai membri della casa imperiale destinati alla successione.

L'iscrizione della facciata riportava il seguente testo:

« Tiberio Giulio Tarso (fece costruire) in onore dei Dioscuri e della Pòlis il tempio e tutto quanto è in esso/Pelagon liberto e procuratore dell'imperatore, avendolo finito a sue spese, lo dedicò. »

I finanziatori dell'opera furono dunque due liberti imperiali, di origine orientale.

Il tempio tra l'VIII e il IX secolo venne inglobato nella chiesa di San Paolo, conservando inalterata la facciata, con l'iscrizione dedicatoria incisa sul fregio e la decorazione del frontone. Un disegno dell'artista portoghese Francisco de Hollanda riprodusse la fronte dell'edificio nel 1540, con particolare cura per le figure del frontone e per l'iscrizione che i finanziatori dell'opera avevano voluto porre a ricordo.

Tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento la chiesa, inserita nel convento istituito da san Gaetano di Thiene, fu ricostruita da Francesco Grimaldi, sempre lasciando in facciata l'antico pronao del tempio.

I terremoti del 1686-1688 causarono gravi danni alla facciata: soltanto quattro delle otto colonne corinzie erano rimaste in piedi con due basi. Gli elementi crollati, lasciati sulla strada, andarono dispersi con il tempo[2]. Altre due colonne furono rimosse nei primi anni del Settecento.

Particolare della decorazione del tempio in un disegno di Palladio

Nel 1972, proprio sotto le statue di san Pietro e san Paolo, simmetricamente disposte sulla facciata, incastrati in due nicchie, sono stati rinvenuti due torsi di marmo più grandi del vero, identificati come statue di Castore e di Polluce e oggi conservati al museo archeologico dopo il restauro.

Decorazione del frontone

La decorazione del frontone [3] del tempio dei Dioscuri è stata ricostruita attraverso il disegno del 1540 di Francisco de Hollanda. Le figure convergono al centro del frontone, dominato dai personaggi principali, i Dioscuri e la personificazione della pòlis. Agli antoli sono dei tritoni, e le personificazioni della Tellus (la dea Terra) e di Oceanus, accanto ad Apollo e Diana.

Le due colonne superstiti che oggi caratterizzano al facciata della basilica di San Paolo Maggiore sono di ordine corinzio.

Note

  1. ^ Napoli ha origini antichissime. Anche se l'identità temporale e mitica del suo nucleo primitivo per gran parte è stata interpretata, la sua storia più arcaica sembra perdersi nella leggenda.
  2. ^ Un frammento dell'iscrizione è stato rinvenuto reimpiegato come lastra tombale di una tomba seicentesca nella certosa di San Martino: S. Adamo Muscettola, Il tempio dei Dioscuri, in Napoli antica, p. 204.
  3. ^ L'insieme delle figure rappresentate a rilievo sul frontone doveva riflettere una concezione tipicamente romana, cioè quella di affidare alla composizione un significato allegorico e ideologico insieme.

Bibliografia

  • J. Beloch, Campanien, Breslau, 1890 (trad. it. 1989)
  • E. Calamaro, Napoli greca e romana. Le origini della città fra mito e storia, Tascabili economici Newton, Roma, 1996.
  • B. Capasso, Napoli greco-romana, Napoli, 1905.
  • D. Ridgway, L'alba della Magna Grecia, Milano, 1984.
 

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