Ermeneutica del Concilio Vaticano II |
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Lunedì 11 Febbraio 2013 18:20 | ||||||||
Per ermeneutica del Concilio Vaticano II si intendono le diverse interpretazioni del Concilio date dai teologi e dagli storici nel periodo successivo al Concilio.
Interpretare il Concilio
A differenza degli altri Concili il Vaticano II pone un problema di interpretazione. Questa particolarità può essere fatta derivare dall'intendimento stesso del Concilio che non fu di definire «un punto o l'altro di dottrina e disciplina» ma di «rimettere in valore e in splendore la sostanza del pensare e del vivere umano e cristiano».[1]. A quest'intendimento seguì una mancanza di definizioni dogmatiche, da cui è sorto un dibattito sulla natura dei documenti e sulla loro applicazione.[2]
Tutti i Concili ecumenici hanno avuto i loro storici che hanno contribuito a fornire un'interpretazione partendo dalla loro visuale[3], tuttavia solo per il Concilio Vaticano II si sono affrontate due ermeneutiche contrarie.[4] Secondo alcuni critici la presenza di ermeneutiche contrapposte può essere imputata ad un'ambiguità o ambivalenza dei documenti conciliari.[5]
Ermeneutica della continuità
Secondo l'ermeneutica della continuità il Concilio Vaticano II va interpretato alla luce e in continuità con il magistero della Chiesa precedente e successivo al Concilio ovvero alla luce della Tradizione.[6][7]
Già papa Paolo VI nel 1966, ad un anno dalla chiusura del Concilio, evidenziò due tendenze interpretative considerate errate:
L'ermeneutica della continuità ha ispirato il pontificato di papa Giovanni Paolo II[9] ed è stata formulata esplicitamente da papa Benedetto XVI il 22 dicembre 2005:
Altre volte Benedetto XVI è tornato sulla stessa questione[10][11], sottolineando l'importanza che il Concilio Vaticano II sia recepito alla luce di tutto il bagaglio dottrinale della Chiesa[12]
I principali studiosi che sostengono l'ermeneutica della continuità sono i cardinali Walter Brandmüller, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, Avery Robert Dulles e Francis Eugene George, l'arcivescovo Agostino Marchetto, il vescovo domenicano Charles Morerod e il filosofo del diritto Francis Russell Hittinger.[13]
Una critica all'ermeneutica della continuità ne contesta l'impostazione teologica più che storica, con la presunta conseguenza di togliere importanza al Concilio considerato come evento.[14][15]
Ermeneutica della discontinuità
L'ermeneutica della discontinuità tende a dare valore al Concilio in quanto evento, anche in considerazione di alcune caratteristiche particolari del Vaticano II: l'assenza di uno scopo storico determinato, il rigetto degli schemi preparatorii, l'elaborazione assembleare dei documenti e anche la percezione del Concilio come evento cruciale da parte dell'opinione pubblica. Questa ermeneutica mira a valorizzare non soltanto i documenti approvati dal Concilio, ma anche i dibattiti interni all'assemblea e la percezione del Concilio all'esterno, da parte dei fedeli.[16]
I sostenitori dell'ermeneutica della discontinuità sono rappresentati dalla cosiddetta "scuola di Bologna" diretta da Giuseppe Alberigo, un allievo di Giuseppe Dossetti, autore di una "Storia del Concilio Vaticano II" in cinque volumi. Alla scuola di Bologna appartengono anche Giuseppe Ruggieri, Maria Teresa Fattori e Alberto Melloni. Fuori dall'Italia quest'impostazione è sostenuta da Yves Chiron, David Berger, John O'Malley, Gilles Routhier e Cristoph Theobald.[17]
Sostengono l'ermeneutica della discontinuità, accompagnandola ad una serrata critica al Concilio, anche molti gruppi tradizionalisti, legati soprattutto alla Fraternità San Pio X, e alcuni studiosi come il filosofo Romano Amerio[18]. Lo storico Roberto de Mattei è recentemente intervenuto nel dibattito con il libro Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, in cui, senza entrare nel merito della discussione teologica, sostiene sul piano storico l'impossibilità di separare il Concilio dagli abusi postconciliari, isolando questi ultimi come una patologia sviluppatasi su un corpo sano[19].
Benedetto XVI, pochi mesi dopo la sua elezione a Papa, espresse una severa critica dell'ermeneutica della discontinuità:
Note
Bibliografia
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