Lomonaco Francesco |
Venerdì 14 Dicembre 2012 22:56 | |
Francesco Lomonaco (Montalbano Jonico, 22 novembre 1772 – Pavia, 1 settembre 1810) è stato uno scrittore, politico e patriota italiano. Soprannominato il "Plutarco italiano", è considerato un precursore del Risorgimento ed uno dei primi rivoluzionari ad auspicare un'Italia unita sotto un unico governo.
Biografia
Inizi
Nacque a Montalbano Jonico, in provincia di Matera, il 22 novembre 1772. Suo padre, Nicola Lomonaco, era un fervente seguace dell'Illuminismo, conosciuto durante il suo periodo di studi a Napoli. Il giovane Francesco, che all'età di nove anni era già in grado di tradurre testi in lingua latina, prosegue i suoi primi studi nel paese natio sotto la guida di padre Nicola Maria Troyli, che aveva aperto a Montalbano Jonico una scuola privata. Alla scomparsa di Troyli nel 1788, l'appena sedicenne Lomonaco che, oltre al latino, già conosceva greco, filosofia, matematica, fisica, diritto e ebraico, lo sostituisce nell'incarico di professore sino al 1790, anno in cui si recherà a Napoli, per proseguire gli studi universitari.
Nel 1793, consegue prima la laurea in medicina e poi, nel 1796, quella in utroque iure (giurisprudenza). Inoltre traduce il Contratto sociale di Rousseau e il manuale dei Diritti e doveri del cittadino del De Mably, con l'aggiunta, a quest'ultimo, di una sua prefazione (divenuta poi oggetto di plagio da parte di qualche "pedante" che aveva intuito la grandiosità del suo progetto), che negli ambienti napoletani suscita scandalo e ammirazione.
Nel 1799, partecipò attivamente alla Repubblica Partenopea, come impiegato della municipalità di Napoli e medico militare. Con l'arrivo delle truppe sanfediste, fu tra gli assediati di Castel Sant'Elmo. Riuscì a sopravvivere alla reazione borbonica sembra anche grazie a un banale errore di trascrizione del suo cognome (da Lomonaco in Lamanica) e prese la via dell'esilio.
Esilio
Busto di Francesco Lomonaco esposto ai giardini del Pincio a Roma
Dopo un periodo trascorso in Francia, dove ebbe anche modo di conoscere Vincenzo Monti (al quale in seguito tradusse l'Iliade), si trasferì a Milano, dove conobbe Ugo Foscolo, del quale divenne amico e medico personale, e il giovane Alessandro Manzoni. Successivamente si trasferì a Pavia, ove ottenne la cattedra di storia e geografia presso il Collegio militare pavese: convinto che «senza la conoscenza della storia - e della geografia umana - non si può divenir né guerrieri né politici».
Sulla caduta della Repubblica Partenopea del 1799, scrisse un libello intitolato Rapporto al cittadino Carnot. Scrisse poi le Vite degli eccellenti italiani (1802) e le Vite dei famosi capitani d'Italia (1804). Da quest'ultima opera Manzoni trasse lo spunto per comporre Il Conte di Carmagnola.
Nel 1801, pubblica Analisi della sensibilità, dove scrive:
Alcuni anni dopo, tale concetto venne espresso dal Lomonaco, direttamente davanti allo stesso Napoleone Bonaparte. Ciò avvenne esattamente nel 1805, durante un suo "Discorso augurale", pronunciato davanti all'Imperatore, che si trovava in visita a Pavia. Tale "Discorso augurale", pubblicato poi integralmente dal Cappelli nel 1806, per originalità e alto contenuto patriottico, creò una vasto eco e non pochi timori nei diplomatici e governanti locali presenti, i quali evidentemente temettero di perdere i necessari finanziamenti francesi, cosa che in realtà non avvenne. Esso costituì anche il primo di una lunga serie: tutti, Foscolo compreso, prima dell'inizio di un qualsiasi corso, da loro tenuto, come docenti, sia in accademie militari sia nelle università, si cimentarono in "discorsi" su discorsi augurali, sforzandosi ovviamente di scriverli in un corretto e moderno italiano, ovvero nel nuovo stile letterario inventato dal Lomonaco, seppur tanto criticato ma forse invidiato dai suoi contemporanei.
Ultimi periodi
Nel 1809 scrisse i Discorsi letterari e filosofici ma l'opera, che mostrava tutte le contraddizioni che la figura di Napoleone aveva prodotto sui patrioti italiani e che già si mostrava nello Iacopo Ortis foscoliano, fu perseguitata dalla censura napoleonica. Le misure restrittive e l'impossibilità di ritornare nella sua terra, lo resero sempre più depresso. Dopo aver scritto una lettera al fratello, Lomonaco si suicidò a Pavia il 1º settembre 1810, si dice buttandosi nel Ticino.
Il Manzoni, in gioventù, gli aveva dedicato un sonetto dal quale, successivamente, pare abbia preso le debite distanze, avendo difatti egli stesso "rinnegato" tutti i suoi versi e scritti giovanili, datati tra il 1801 e il 1804 come ad esempio Il trionfo della libertà, in quanto, così precisò: «i primi come follia di giovanile ingegno, i secondi come dote di puro e virile animo». Molti anni dopo, ebbe tuttavia per il Lomonaco parole di elogio in una intervista rilasciata nel 1866; tale intervista, peraltro rilasciata a un nipote del Lomonaco (un giornalista, il quale cercò anche, ma inutilmente, di sapere dal Manzoni, che pur aveva affermato di aver assistito alle solenni esequie, dove avessero seppellito lo zio, per portare dei fiori sulla sua tomba), venne però pubblicata sul Corriere della sera soltanto dieci anni dopo, il 12 - 13 ottobre 1876.
Opere parziali
Lapide dedicata alla famiglia Lomonaco a Montalbano Jonico
|