UN IMPORTANTE INDICATORE FINANZIARIO: LO SPREAD |
Scritto da Tommaso Manzillo |
Venerdì 13 Gennaio 2012 12:47 |
È l’incubo dei governi dell’Unione Europea, fino a costringere alle dimissioni Silvio Berlusconi dalla carica di Presidente del Consiglio dei Ministri, mettendo in difficoltà persino i nostri rappresentanti politici che siedono sugli scranni parlamentari, facendoci sorridere nei loro goffi tentativi di darne una spiegazione: è lo spread. Una piccola parola adottata dalla terminologia anglosassone per significare soltanto una ‘differenza’ tra due termini presi a paragone, ossia il rendimento dei titoli di Stato italiani, nel nostro caso con scadenza decennale, e l’equivalente dei titoli di Stato di un altro Paese, che è la Germania, e spiegheremo il motivo.
È un indicatore indispensabile per giudicare lo stato di salute anche dei conti pubblici di un Paese, perché il rendimento di un titolo di Stato è inversamente proporzionale al suo indice di gradimento. Difatti, in molti si chiedono perché le aste per piazzare i titoli di Stato con un rendimento di oltre il 7 percento, a volte, vedono la scarsa partecipazione dei risparmiatori. In sostanza, il rendimento di un titolo oltre una certa soglia-limite dovrebbe mettere in guardia qualunque potenziale acquirente, chiedendosi se lo Stato, alla scadenza, sia in grado di rimborsare, oltre che la sorte capitale, anche gli interessi a quel tasso. In Argentina, i risparmiatori, forse amanti del rischio, ma attratti dagli alti rendimenti, non se lo sono mai chiesto, giudicando sempre affidabile il proprio Stato, e sappiano oramai com’è andata a finire. Per questo motivo, quando un titolo pubblico è giudicato poco gradito, con più determinazione sale il suo rendimento e di conseguenza, cala l’indice di fiducia verso quell’ente emittente, che è lo Stato, incapace, secondo gli investitori, al mantenimento dei propri impegni, ossia il rimborso della sorte capitale e dei relativi interessi.
In Europa, il Paese che gode di un alto gradimento, vuoi per i conti pubblici in ordine, ossia presenza di un basso livello di debito pubblico (il parametro del Trattato di Maastricht impone un rapporto debito pubblico/P.I.L. al 60 percento), vuoi perché la ricchezza prodotta dalla sua economica rappresenta circa un terzo dell’intera ricchezza prodotta dall’Unione Europea, è la Germania. E quando si dice che lo spread tra i titoli di Stato italiani a dieci anni e gli equivalenti Bund tedeschi è sopra i 500 punti base, vuol proprio significare che, se la Germania ha un rendimento sui Bund sotto la soglia del 2 percento, proprio perché ritenuta un Paese affidabile e solvibile, riuscendo a piazzare i suoi titoli sui mercati finanziari, quelli italiani sono oltre il 7 percento, in quanto, non essendo graditi, presentano un rendimento più elevato, giudicando alta la probabilità che quel titolo non venga rimborsato dal Governo Italiano. È il meccanismo del mercato: più alta è la domanda di un titolo più il suo prezzo di acquisto sale e, di conseguenza, il suo rendimento scende. Al contrario se la domanda cala, il prezzo scende e il rendimento sale per renderlo appetibile. Vediamo ora da cosa dipende il livello della domanda per un titolo del debito pubblico.
Le famiglie e tutti i risparmiatori si chiedono il motivo per cui l’Italia non è più un Paese affidabile e solvibile con certezza. E la motivazione è nell’elevato livello del debito pubblico presente nel bilancio dello Stato italiano (il parametro di Maastricht dovrebbe superare per il 2011 il livello del 140 percento: oltre il doppio della Germania!). E con uno stock così elevato è giudicata elevata la probabilità di non riuscire a rimborsare gli interessi ad un rendimento di oltre il 7 percento, su una massa debitoria delle nostre proporzioni. Quindi lo spread riflette, sostanzialmente, il livello del debito pubblico di un Paese, creando aspettative negative. Ma lo spread arriva a pesare anche nelle tasche di tutti gli italiani, perché lo Stato, per garantire quel tasso, deve apportare quelle manovre correttive ai conti pubblici che consentano di reperire fondi da utilizzare per il rimborso degli interessi in questione, se vuole evitare i default. Perché, è il caso di dirlo, gli interessi passivi sul debito pubblico, entrano a far parte del deficit di bilancio, facendo lievitare il suo rapporto in base al P.I.L. ad oltre il 4 percento (il parametro di Maastricht è del 3 percento). E il deficit di un anno alimenta, l’anno dopo, lo stock di debito pubblico, innescando un circolo vizioso.
Riepilogando, lo spread sintetizza lo stato di salute del bilancio di uno Stato, perché più è elevato in confronto con la Germania, Paese solvibile per eccellenza, più è giudicato pericoloso dagli investitori per l’alto rischio di default. Questo vuol dire la bancarotta di uno Stato, l’impossibilità di far fronte ai suoi impegni non solo sul fronte dei titoli di Stato, non riuscendo a rimborsare la sorte capitale e gli interessi, ma anche per pagare i suoi dipendenti, i pensionati, a garantire quei livelli minimi di assistenza sociale, minando alla base il mantenimento di un certo equilibrio che non è solo monetario, ma anche umano. Per questo il suo livello è divenuto di grande importanza per noi italiani, facendoci passare notti piuttosto inquiete.
Allora, la via d’uscita? Una seria politica che abbatta il debito pubblico in maniera strutturale, nel senso della riduzione dei costi politici e amministrativi, vincendo lobby di potere che hanno ingessato l’economia italiana, perché gli interessi particolari di pochi sono stati salvaguardati per troppo tempo. Occorre porre rimedio e chiederci il motivo per il quale, nonostante la manovra del Governo Monti, lo spread continua a rimanere su livelli piuttosto elevati. Non è solo una questione che riguarda il cambio di guardia a Palazzo Chigi, ma coinvolge la nostra mentalità e il nostro modo di essere per sconfiggere tutte le forme di privilegio presenti, per poter ripartire non solo sul piano economico e finanziario, ma soprattutto su quello morale e civico. |