La maschera di Pulcinella |
Scritto da Virginia Bellino |
Martedì 21 Febbraio 2012 02:56 |
“Pulcinella aveva un gallo, tutto il giorno vi andava a cavallo, con la briglia e con la sella. Viva il galletto di Pulcinella! Pulcinella aveva un gatto, tutto il giorno saltava da matto, suonando una campanella. Viva il gattino di Pulcinella” Con questa breve e famosa filastrocca apriamo un piccolo ma sentito omaggio ad una maschera di Carnevale che non ha certo bisogno di presentazioni: PULCINELLA.
Pulcinella è fra le maschere più popolari e simpatiche, ed è il simbolo di Napoli e del suo popolo: impersona lo spirito genuino, fatto di arguzia, di spontaneità e di generosità. Egli appare sulle scene nei panni di un servo furbo e poltrone, sempre affamato e alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Pulcinella si adatta a fare di tutto: oltre che servo, diventa all’occorrenza fornaio, oste, contadino, mercante, ladruncolo e ciarlatano che, ritto su uno sgabello di legno, in uno spiazzo fra
Credulone, litigioso, arguto, un po' goffo nel camminare, Pulcinella è in continuo movimento, sempre pronto a tramare qualche imbroglio o a fare dispetti.
Egli è dotato di una insaziabile voracità. Dice che la frittata di maccheroni è molto buona ma che lui non la poteva mai mangiare perché la pasta non gli avanzava mai. E' eternamente preoccupato per il cibo, sempre alle prese con l'ostinato problema della sopravvivenza, delle necessità elementari che aguzzano il suo ingegno e la sua fantasia, alla ricerca di espedienti per sfuggire alla sopraffazione dei potenti, all'ingordigia dei ricchi.
Tuttavia, ha anche un carattere mattacchione e, quando qualcosa gli va per il verso giusto, esplode in una danza fatta di vivaci e rapidi saltelli, di sberleffi e di smorfie gustosissime a vedersi. Ma non riesce mai a imparare a starsene zitto quando dovrebbe e, proprio per questo, è diventata famosa l'espressione "È un segreto di Pulcinella" per indicare appunto qualcosa che tutti sanno.
Le origini
E' goffo e sfrontato, ma anche universale, comico e drammatico, come ben sapeva Eduardo De Filippo e anche tutti gli altri attori che hanno indossato casacca e maschera sul palcoscenico.
Il nome Pulcinella deriva probabilmente dal napoletano "pullicino", che significa pulcino, a sottolineare il timbro buffonesco come di un roco chiocciare.
La maschera di Pulcinella, cosi come noi la conosciamo, è stata inventata ufficialmente a Napoli dall’attore Silvio Fiorillo nella seconda metà del Cinquecento. Le origini di Pulcinella sono però molto più antiche.
Le ipotesi sono varie: c’è chi lo fa discendere da “Pulcinello” un piccolo pulcino per il naso adunco; c’è chi sostiene che un contadino di Acerra, Puccio d’Aniello, nel ‘600 si unì come buffone ad una compagnia di girovaghi di passaggio nel suo paese.
Puccio d'Aniello era il nome di un contadino di Acerra, reso famoso da un presunto ritratto di Annibale Carracci, dalla faccia scurita dal sole di campagna ed il naso lungo, che diede vita al personaggio teatrale di Pulcinella.
Altri vanno invece ancora più indietro nel tempo, fino al IV secolo e sostengono che Pulcinella discende da Maccus, personaggio delle Atellane (genere di commedia, originariamente in dialetto osco, in uso già dal IV secolo a.C. ) che si esprimeva in un dialetto campano, l’osco appunto. Maccus rappresentava una tipologia di servo dal naso lungo e la faccia bitorzoluta, ventre prominente, che indossava una camicia larga e bianca e il volto era coperto da mezza maschera.......
Altri autori attribuiscono l'origine del nome all'ermafroditismo intrinseco del personaggio, ovvero un diminutivo femminilizzato di pollo-pulcino, animale tipicamente non riproduttivo, del quale in un certo senso imita la voce.
In tale accezione, Pulcinella si riconferma come figura di tramite uomo-donna, stupido-furbo, città-campagna, demone-santo salvatore, un dualismo che sotto molti aspetti configura la definizione pagano – cristiana della cultura popolare napoletana. Pulcinella come personaggio del teatro della commedia dell'arte nasce ufficialmente con una commedia del comico Silvio Fiorillo: La Lucilla costante con le ridicole disfide e prodezze di Policinella, scritta nel 1609 ma pubblicata soltanto nel 1632 dopo la morte dell'autore.
teatro napoletano.
Il nome di Pulcinella è cambiato nel corso degli anni, cosi come il suo aspetto.
Anticamente, si chiamava “Policinella ( od anche Pollicinella) “, come si vede dal titolo della commedia di Fiorillo. Partito da Napoli in compagnia di vari altri personaggi che parlavano una lingua franca a metà tra il napoletano e lo spagnolo, Pulcinella, con Silvio Fiorillo approdò nelle grandi compagnie comiche del nord e divenne l'antagonista di Arlecchino, maschera di Bergamo, il servo sciocco, credulone e sempre affamato di quella fame mai saziata dei poveri diavoli.
Forse l'aspetto del Pulcinella che conosciamo oggi è quello dei disegni di Ghezzi, filtrati attraverso il costume che per anni indossò il più longevo e prolifico attore di farse pulcinellesche: Antonio Petito.
Addirittura è stato ipotizzato che la forma della maschera, in particolare nelle versioni più recenti, interpreti un comun denominatore delle caratteristiche somatiche (e craniometriche) che contraddistinguono il popolo dei vicoli.
In particolare, questa bizzarra teoria è stata sviluppata da Dario David, naturalista napoletano, in uno studio dal titolo “La vera storia del cranio di Pulcinella”.
Egli, partendo dalle osservazioni «casuali» della ricorrenza di fisionomie simili in certi particolari quartieri di Napoli, con uno studio curioso, spigliato, divertente e potenzialmente di grande impatto sociale non solo per i partenopei, ha supposto che una serie di caratteristiche somatiche, come le arcate sopracciliari pronunciate e gli occhi incavati,siano tramandate con grande frequenza nei fitti e chiusi microsistemi dei quartieri popolari di Napoli.
E per finire il nostro piccolo omaggio, un ultimo pensiero non può che essere per il teatro dei burattini, passione di grandi e piccini, di cui Pulcinella è diventato un emblema. Ma qui troviamo un Pulcinella diverso da quello della commedia dell’arte, un Pulcinella non più servitore, ma al contrario vitale, ribelle ed irriverente che non esita ad affrontare chiunque senza alcun timore
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