LE INIQUITÀ DELL’ITALIA |
Scritto da Tommaso Manzillo |
Giovedì 03 Maggio 2012 09:43 |
“Prima gli interessi del Paese, poi quelli del partito”: era la ricetta dell’allora Cancelliere tedesco G. Schroeder ed è quella vincente di A. Merkel; per questo motivo oggi la Germania può dettar la politica e gli indirizzi economici dell’Europa. In Italia, invece, gli avvenimenti succedutisi negli ultimi mesi che hanno riguardato i casi di corruzione per numerosi esponenti politici dimostrano un dato di fatto incontrovertibile ed inconfutabile, ossia che il nostro è un Paese unitario e non più diviso tra un sud dove dilaga la corruzione e un nord lindo, casto, puro e pio. Nella corruzione nord e sud sono uniti perché l’unione fa la forza (… del malaffare!), coinvolgendo persino quel movimento padano che fino a pochi mesi fa esclamava “Roma ladrona!!!”. Prima gli interessi personali e poi, a tempo perso, quelli del Paese.
L’Italia si trova oggi ad essere governata da un team di professori universitari, strenui seguaci delle nozioni studiate sui libri di testo, magari redatti da loro stessi, facendo sfoggio di larga cultura in tema economico, stilando ricette che ci dovrebbero proiettare sul sentiero della crescita. Ma, allo stesso tempo, si sono rivelati tanto forti nelle teorie quanto deboli nella pratica, dimostrando timore reverenziale verso i partiti, le lobbies di potere, incapaci di applicare serie politiche fatte di veri tagli alla spesa improduttiva. Abbiamo usato il termine ‘improduttiva’, che non vuol dire sempre e solo tagli alle spese riguardanti l’istruzione, la giustizia, la sanità, in maniera così generica, quanto piuttosto tagli produttivi, agli sprechi, alle inefficienze e ai doppi incarichi. In un periodo di recessione economica il nostro Paese ha bisogno di ridimensionare i costi della politica, legati soprattutto ai doppi incarichi di parlamentari, membri di Commissioni, di Consigli di Amministrazione di aziende pubbliche o municipalizzate, ai lauti compensi dei dirigenti, oltre che ai rimborsi elettorali ai partiti, che spesso vanno a finanziare la lussuosa vita dei leader politici. Siamo un Paese ridicolo!!! Ci riempiamo la bocca di meritocrazia e poi chiediamo la raccomandazione per un posto di lavoro, chiediamo l’onestà e poi non battiamo gli scontrini fiscali alla cassa, chiediamo trasparenza e poi dirottiamo illecitamente all’estero il capitale pubblico come quello privato, chiediamo intelligenza politica e poi ci affidiamo alla politica faccendiera, chiediamo legalità e poi scopriamo che il partito più leale ha legami con organizzazioni malavitose … e continua …
Siamo perfettamente d’accordo con questo Governo quando afferma che occorre cambiare la mentalità e la cultura degli italiani affinchè il nostro operare sia orientato alla crescita economica e sociale dell’intero Paese, per un nord industriale, tecnologico ed innovativo, con l’apporto di un turismo meridionale competitivo, capace di attrarre capitali per investimenti in Italia, ma i modi di agire dei ‘Professori’ sono lontani dagli obiettivi che si vuole raggiungere. L’ultimo outlook del Censis e della Confcommercio evidenzia chiaramente il calo del clima di fiducia generale coniugato con le “ridotte capacità di risparmio e spese obbligate in aumento”, descrivendo “un quadro congiunturale molto difficile”. Dov’è la ripresa? E le misure per la crescita? Dove sono le liberalizzazioni e i loro effetti benefici sull’economia italiana? Sono state un bluff bello e buono, pagato a caro prezzo da un’economia italiana in ginocchio, con diversi suicidi di imprenditori e disoccupati per la vergogna di non riuscire più a onorare (si badi bene al termine che viene da onore) i propri impegni finanziari, e da 146 mila attività cancellate già nei primi mesi del 2012.
Deve essere la classe dirigente a cambiare mentalità e soprattutto politica economica, verso misure che vadano nella direzione dei tagli delle tasse (con l’istituzione dell’IMU è stato stimato un calo del valore degli immobili tra il 20 e oltre il 50 percento a fine anno) e delle spese improduttive, affinchè la pressione fiscale, oramai prossima al 50 percento, livello mai raggiunto) sia congrua con la capacità reddituale del ‘tartassato’, ossia il cittadino. Ritornano le parole di G. Palmieri di Martignano (LE) quando affermava che “il tributo non debba oltrepassare i tre decimi del prodotto”, e nello specifico “deve essere imposto a proporzione delle forze de’ contribuenti”. Lo abbiamo già detto in altri scritti, in un periodo di recessione economica serve una politica keynesiana, la stessa e l’unica che vinse la Grande Crisi del ’29. La nostra speranza è che gli introiti derivante dalla tassazione siano efficacemente investiti in politiche di crescita, piuttosto che a finanziare la politica e i suoi loschi contorni. Ma noi che scriviamo queste cose già note al Professore non vogliamo alimentare le correnti dell’antipolitica che soffiano prepotentemente contro il mondo dei partiti e delle loro logiche. Volevamo solo analizzare e comprende come esista ancora tanta iniquità sociale ed economica, anche e soprattutto nel mondo post-industriale che è il nostro. |