Pasqua: Il Gesù storico è realmente esistito? |
Scritto da Giovanni Di Cecca |
Domenica 31 Marzo 2024 01:48 |
Se la tradizione del Natale ha molte radici più antiche nella tradizione occidentale afferenti al periodo romano e alla festa del Sole Invictus (clicca qui per un approfondimento), più complesso e forse più interessante e l'argomento che riguarda la Pasqua. La Pasqua in ebraico è il passaggio riferito, principalmente al passaggio del Mar Rosso da parte degli ebrei in fuga Ramesse II durante la cattività egiziana. In ambito Cristiano invece è anch'esso un passaggio, ma meno materiale rispetto a quello ebraico, in quanto non è una fuga da una costrizione come quella egizia in cui versavano gli ebrei, ma è la resuscitazione dal regno dei morti.
Per chi crede, Cristo è stato il primo uomo a morire e successivamente a essere resuscitato dal mondo i morti. Già la semplice definizione data in precedenza sarebbe quasi ascrivibile a un mito come quelli che abbiamo nell'antica Grecia come quelli che abbiamo nell'antica Roma riferita alla mitologia classica di Zeus, Era, Poseidone e via dicendo. Eppure già nella sua genesi del Natale, noi contiamo il tempo avanti Cristo e dopo Cristo. In fatti, in un errore di traduzione di uno pseudo vangelo apocrifo (nella fattispecie uno Pseudo-Matteo, non accettato dalla chiesa) che riprende un passo dal libro dei profeti, nella fattispecie del profeta Abacuc, vissuto intorno al VI Secolo a. C. (ed è l’ottavo dei cosiddetti 12 profeti minori), nella versione cosiddetta versione Septuaginta o Bibbia dei Settanta (datata III Secolo a. C.) in greco è scritto: ἐν μέσῳ δύο ζῷον che translitterato in caratteri latini è en méso dýo zóon e tradotto in italiano significa: tra due vite Ora il termine vita, lo si può interpretare anche come ere, e come detto noi parliamo di periodo avanti Cristo (a. C.) e dopo Cristo (d. C.). Il Vangelo Pseudo-Matteo, invece, traduce male anche a causa di chi tradusse dall’ebraico al greco, oppure chi ricopiò male la “Bibbia dei Settanta” confuse “ζῴων” (zòon, "vita"), il genitivo plurale di “ζῷον” (zòon, “animale”), con “ζωῶν”, genitivo plurale di “ζωή” (zoi, “età”) I due “animali” di Abacuc sarebbero diventati un bue e un asino grazie all’altra citazione, quella del terzo versetto del primo capitolo del libro del profeta Isaia: «Il bue conosce il proprietario, e l’asino la greppia del padrone». Ed ecco spiegato il motivo per cui oggi mettiamo Gesù tra gli Zòon e non solo in una mangiatoia come dovrebbe essere. Ma se ancora il concetto della nascita del bambino e ancora fortemente legata alla festa del Sol Invictus, dove il sole nuovo, il sole nascente appunto, nasce e cresce e si arriva al momento di passaggio quale l'equinozio di primavera dove si lascia alle spalle quello che è stato l'inverno e si guarda al futuro, alla mietitura del grano, all'arrivo della cosiddetta bella stagione, discorso differente lo possiamo correlare alla figura di Cristo che muore in croce secondo il triduo Pasquale. E ancora una volta sorge la domanda: ma Gesù figlio di Giuseppe detto il Messia, poi il Cristo, è realmente esistito come personaggio storico? A differenza di quanto si possa pensare, esiste un minimo di documentazione storica che può essere considerato attendibile. Storica e la vita di Simon Pietro il discepolo sul quale Cristo fonda la chiesa cattolica come non la conosciamo oggi. Tracce storiche sono presenti oltre che nei Vangeli (di cui quello di Matteo, il primo, fu scritto tra il 40 ed il 60 d.C. con fonti di prima mano), anche nei ritrovamenti già dal 1939. Vari tentativi di ritrovare la tomba dell'apostolo risultarono infruttuosi per essere il sito stato utilizzato come necropoli anche nel II e III secolo, ma durante degli scavi sistematici effettuati nelle grotte vaticane a partire dal 1939 (fortemente voluti da Pio XII), venne individuata, in corrispondenza dell'altare della Basilica di San Pietro, un'edicola, poggiata su un muro intonacato di rosso, su cui era leggibile il graffito in caratteri greci “Πετρ(ος) ενι” (“Pietro è qui”), luogo generalmente indicato come tomba di Pietro. L'episodio è però divenuto uno dei misteri archeologici di Roma, in quanto non venne rinvenuto, sul momento, alcun resto riconducibile a una sepoltura. Solo nel 1965 uno degli operai che avevano partecipato agli scavi riferì alla Guarducci che all'epoca gli era stato consegnato del materiale riposto in una scatola da scarpe abbandonata da qualche parte nei magazzini. La scatola venne infatti rinvenuta: conteneva terra, frammenti d'intonaco rosso e di tessuto, monetine medievali e resti umani e animali. Le indagini scientifiche appuravano che i resti umani, risalenti al I secolo, appartenevano a un uomo di 60-70 anni, la terra e l'intonaco rosso erano le stesse dell'edicola, i frammenti di stoffa erano di un drappo rosso intessuto d'oro e le monetine erano probabilmente state portate lì attraverso fessure e screpolature del terreno da topi ai quali infatti appartenevano i resti animali. Anche se non si poteva parlare di prove certe, gli indizi erano tali da poter affermare che l'edicola rinvenuta 16 anni prima poteva essere la tomba di Pietro. Se di Pietro, possiamo affermare con dubbi che sia realmente esistito, sicuramente è esistito Ponzio Pilato che è il console romano che condannò a morte Cristo. Oltre alle fonti vangeliche (di cui potremmo avere dubbi sulla loro genesi) abbiamo almeno due fonti esterne: Flavio Giuseppe e Publio Cornelio Tacito. Flavio Giuseppe era un nobile ebreo, membro del Sinedrio che combatté contro i Romani durante la prima guerra giudaica (66-74 d. C.), per poi essere catturato e collaborare col generale e successivamente imperatore Tito Flavio Vespasiano. Trasferitosi a Roma alla corte imperiale, scrisse due opere storiche in lingua greca, la Guerra giudaica (75 d. C.), in cui racconta la rivolta ebraica repressa da Vespasiano, e le Antichità giudaiche (93 d. C.), nelle quali narra la storia del suo popolo da Abramo ai suoi tempi. In quest'ultimo testo sono presenti due riferimenti a Gesù. Il primo, non contestato ma molto breve, descrive la morte di "Giacomo, fratello di Gesù" (Libro 20, cap. 9). Il secondo, noto come Testimonium Flavianum e oggetto di discussione tra gli studiosi, narra: «Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, uomo saggio, se pure uno lo può chiamare uomo; poiché egli compì opere sorprendenti, e fu maestro di persone che accoglievano con piacere la verità. Egli conquistò molti Giudei e molti Greci. Egli era il Cristo. Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce. Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di aderire a lui. Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo: perché i profeti di Dio avevano profetato queste e innumeri altre cose meravigliose su di lui. E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono detti Cristiani.» Publio Cornelio Tacito, storico, oratore e senatore romano, considerato tra i più grandi e influenti esponenti del genere storiografico nella letteratura latina, scrive: «Cristo era stato ucciso sotto l'imperatore Tiberio dal procuratore Pilato; questa esecrabile superstizione, momentaneamente repressa, è iniziata di nuovo, non solo in Giudea, origine del male, ma anche nell'Urbe, luogo nel quale confluiscono e dove si celebrano ogni tipo di atrocità e vergogne.» Secondo alcuni, in questo passo di Tacito ci sarebbe un errore: a Pilato infatti viene assegnato il ruolo di procuratore e non quello di prefetto, mentre tale titolo, a parere di alcuni studiosi, entrò in uso solo dal 44. Inoltre il fatto che Pilato venisse anche qualificato con il titolo di prefetto è confermato dal rinvenimento dell'iscrizione di Cesarea (una lapide di pietra di età tiberiana, trovata nell'anfiteatro di Cesarea Marittima), dov'è appunto definito Prefetto della Giudea. Dei personaggi che ruotano intorno la figura di Cristo, non possiamo non aggiungere anche Erode Antipa (20 a.C. – dopo il 39), figlio di Erode il Grande (che fece ricostruire il Tempio di Gerusalemme) e della sua quarta moglie, la samaritana Maltace. Fu tetrarca della Galilea e della Perea dal 4 a.C. al 39 d.C. Dai Vangeli sappaimo che fece uccidere con l'inganno Giovanni il Battista, poiché predicava contro di lui e della sua relazione clandestina (Erode già sposato) con Erodiade, moglie del fratello. Dal Vangelo secondo Luca, Erode Antipa incontrò Gesù durante la Passione. Ponzio Pilato, per sbarazzarsi dell'imbarazzante processo e delle pressioni giudaiche, pensò di far giudicare l'imputato galileo dal suo tetrarca Erode Antipa. Gesù però non rispose alle sue domande; quindi Erode si fece beffe di lui rivestendolo di un manto fastoso e lo rimandò da Pilato. Di Erode Antipa abbiamo anche delle monete del suo tempo. Fin qui abbiamo visto come i personaggi più importanti in cui ruota la Passione di Cristo, siano esistiti realmente, ma anche alcune fonti esterne ai Vangeli citino direttamente sia Cristo che gli attori comprimari. Più interessante, ma meno storicamente accertata è la figura di Longino, il soldato romano che colpisce al costato Cristo sulla Croce, non tanto per la mancanza di fonti (Atti di Pilato allegato al Vangelo Apocrifo di Nicodemo) ma per la sua Tradizione Mantovana dove nel Duomo si conservano delle ampolle con del terreno intriso di sangue di Cristo, portate dallo stesso Longino (nome tratto dagli Atti di Pilato), e per la lancia conservata nel palazzo Hofburg a Vienna. Altra fonte per i Longino è il nome "Longinos" che compare anche in una miniatura dei Vangeli Rabbula, un manoscritto conservato nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze e miniato da un certo Rabulas nel 586; nella miniatura, il nome ΛΟΓΙΝΟC (Loghinos) è scritto in caratteri greci sopra il soldato che colpisce Gesù La Lancia, conosciuta anche col nome di Lancia del Destino, è nota ed è usata nello stemma degli imperatori del Sacro Romano Impero dai tempi di Ottone I intorno al 936 d. C.. Va anche detto, però, che analisi chimico-fisiche fanno risalire il materiale intorno al VI Secolo d. C. Fin qui abbiamo analizzato i personaggi comprimari di Cristo che sono realmente esistiti essendo citati in fonti storiche considerate dalla comunità scientifica attendibili. Soprattutto essendo Cristo citato anche da Tacito, che fu sia storico che Senatore di Roma, non può essere improbabile che il Cristo storico, l'Uomo, sia realmente esistito. Diverso è il discorso dell'Uomo morto e poi resuscitato. Se la fede (per chi ce l'ha, ovviamente) ci fa individuare l'Uomo Gesù Cristo con il Salvatore degli Uomini, figlio di Dio, resuscitato dai morti il terzo giorno dalla sua esecuzione, i cui riferimenti storici sono esclusivamente appartenenti ai Vangeli, di conseguenza, partendo dal presupposto che non siano attendibili, cade il presupposto di veridicità nel racconto. Resta però di questo aspetto particolare tipico della Fede che non ha riscontri storici accertabili, un documento molto discusso che è la Sindone di Torino. Questo lenzuolo funebre in cui è rappresentato una immagine frontale/dorsale di un uomo certamente morto (il corpo, da quello che si può salire dall'analisi anatomopatologica dell'immagine era in stato di Rigor Mortis) che ha subito le stesse torture e la crocefissione romana del I secolo d. C. narrate dai Vangeli, desta ancora molto dibattito nella comunità scientifica In primis la Crocefissione che è stata una pena capitale di importazione nell'Impero di cui si era a conoscenza già ai tempi di Babilonia (forse nota già ai tempi del XIX secolo a.C.), fu usata per la prima volta nel 217 a.C. a Roma, come ricorda lo storico Livio, che "furono anche crocifissi venticinque schiavi che avevano congiurato nel Campo Marzio". Si è molto discusso con conclusioni spesso divergenti, ma probabilmente era una pratica che i Romani appresero dai Cartaginesi: indicativo a tal proposito l'affresco, del III secolo a.C., nel sepolcro Arieti, scoperto nel 1875 a Roma, sull'Esquilino, in cui è raffigurato un uomo crocefisso. La modalità di esecuzione della pena di morte; si trattava di una vera e propria tortura, talmente atroce e umiliante che non poteva essere inflitta a un cittadino romano. Veniva preceduta dalla flagellazione, che rendeva questo rito ancora più straziante per il condannato. Cicerone le definì "il supplizio più crudele e il più tetro" A parte quella di Cristo, la crocefissione di massa più famosa è quella del gladiatore tracio Spartaco e dei suoi sodali alla fine della Terza Guerra Servile, sarebbero stati crocefissi da Capua a Roma lungo la Via Appia ntorno il 71 a. C., anche se questa pare sia una leggenda affascinante usata anche da Stanley Kubrick in Spartacus, ma sembra che in realtà (le fonti sono contrastanti) sia morto sul campo di battaglia. Non mi addentrerò nella discussione Sindonica perché sarebbe troppo lunga e fuori contesto, ma fosse confermabile che il Telo sia databile con certezza al I secolo d. C. (attualmente il Carbonio 14 lo colloca nel periodo oscuro tra 1260 ed il 1390, ma è discusso anche a seguito di recenti articoli scientifici pubblicati che contraddicono metodo e risultati), allora si aprirebbe un ulteriore capitolo di indagine e di analisi che poterbbe andare oltre la semplice conferma del Cristo Storico. |