Pompei - Una gita tra scavi e transenne |
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Scritto da Giovanni Di Cecca |
Domenica 18 Ottobre 2015 12:05 |
Dopo una marea di articoli nel corso degl ultimi anni che hanno mostrato come l'abbandono degli scavi più importanti e visitati del mondo, stanno pian piano distruggendo questo patrimonio unico, che il mondo ci invidia.
Per quanto dal Ministero per i Beni Culturali si facciano annunci e si cerchi di tranquillizzare, resta che la città ritornata alla luce nel corso degli ultimi quasi 270 anni, non sfugge al Tempo ed alla naturale tendenza della materia alla distruzione degli agenti atmosferici. Del resto se la città è rimasta intatta per 2.000 anni, lo si deve soprattutto al fatto che questa è rimasta sepolta e praticamente dimenticata fino al 1748 quando Carlo III di Borbone iniziò le opere di scavo, anche se le operazioni hanno radici più antiche.
Storia degli Scavi di Pompei Già poco dopo l'eruzione l'Imperatore romano Alessandro Severo diede ordine di scavare nella zona dove sorgeva l'antica Pompei, ma a causa della fitta colte di ceneri e lapilli, l'esperimento si esaurì poco dopo. Nel 1553 il conte di Sarno, Muzio Tuttavilla, acquistò il feudo di Torre Annunziata e per poter alimentare i mulini del luogo, decise la costruizione di un canale sfruttando le acque del fiume Sarno: i lavori furono commissionati all architetto Domenico Fontana e iniziarono nel 1592. Tra il 1594 ed il 1600, durante la costruzione del canale, furono rinvenuti monete e resti di edifici: tuttavia non fu compreso che si trattava dell'antica città romana, e dopo il terremoto del 1631 tutto fu nuovamente abbandonato. Il tempio di Iside in una foto di fine '800 Furono ritrovati monete, statue, affreschi e uno scheletro, ma furono anche individuate una parte dell'anfiteatro e la necropoli di Porta Ercolano: de Alcubierre credeva che si trattasse dell'antica Stabiae. Tuttavia la mancanza di ritrovamenti di oggetti di valore, fece spostare l'attenzione nuovamente su Ercolano ed il cantiere fu chiuso: durante di scavi di questo primo periodo, dopo l'esplorazione e la raccolta di reperti, le costruzioni venivano nuovamente sepolte e le modalità d'indagine erano molto approssimative, tant'è che quando le pitture non venivano considerate adatte, i muri degli edifici che le contenevano venivano distrutti. Gli scavi a Pompei ripresero nel 1754, grazie anche all'entusiasmo prodotto dal ritrovamento della Villa dei Papiri ad Ercolano e riguardarono per lo più diverse zone già individuate negli anni precedenti come i Praedia di Iulia Felix e la Villa di Cicerone nei pressi di Porta Ercolano; nel 1759, con la creazione da parte di Carlo di Borbone, dell'Accademia Ercolanese, si iniziò a registrare e descrivere i vari ritrovamenti che venivano effettuati nella zona vesuviana. Nel 1763, grazie all'individuazione di un'epigrafe di Titus Suedius Clemens, dov'era nominata la Res Publica Pompeianorum, si poterono associare i ritrovamenti archeologici a Pompei e non a Stabiae. Durante gli scavi del XVIII secolo furono prodotti una grande quantità di documenti: la maggior parte erano delle semplici liste che riportavano tutti i reperti recuperati, mentre alcune opere di ordine descrittivo contribuirono a far conoscere Pompei ed Ercolano in tutta Europa. Nel 1798 Ferdinando IV voleva scacciare i Francesi da Roma, ma dopo essere stato sconfitto, questi marciarono verso Napoli ed il re fu costretto a scappare: fu così fondata la Repubblica Napoletana; in questo periodo, il generale Jean Étienne Championnet diede ordine di continuare l'opera di scavo a Pompei, concentrandosi soprattutto nell'area meridionale. L'anno seguente i Francesi abbandonarono Napoli ma Ferdinando IV tornerà però solo nel 1802: in questo lasso di tempo, sia per problemi di ordine politico, ma soprattutto finanziario, tutte le attività di scavo vennero sospese. Un nuovo impulso fu dato dall'arrivo di Giuseppe Bonaparte nel 1806, che insieme al ministro Antoine Christophe Saliceti gestiva un organico di circa cinquecento operai: inoltre con l'aiuto del direttore del museo di Portici, Michele Arditi, iniziarono i primi espropri di case dall'area archeologica, per evitare che cittadini privati potessero effettuare scavi a proprie spese impossessandosi dei reperti ritrovati, furono aumentati i sorveglianti, regolamentate le visite e si evitarono scavi isolati, concentrandosi su determinate zone, in particolare nei pressi di Porta Ercolano, dove fu scoperta la Casa di Sallustio. A seguito della partenza di Bonaparte per la Spagna, nel 1808, il regno di Napoli fu affidato a Gioacchino Murat, la cui moglie Carolina Bonaparte era una appassionata di archeologia: fu infatti la donna che prese il controllo delle indagini ed incoraggiava gli operai, che nel frattempo erano saliti a 624, oltre a circa 1.500 zappatori, con continue ricompense economiche; ciò nonostante, la scelta di uomini estranei al sapere archeologico provocò non pochi malumori tra gli addetti, come ricordato all'architetto François Mazois: « ...questi uomini estranei alle arti nutrivano poco rispetto per i monumenti e si divertivano talvolta a rovinarli; si fu così obbligati a servirsi dei soldati solo per lo scavo delle mura e dell'Anfiteatro. » Sempre su ordine di Carolina furono pubblicate numerose guide che riportavano la planimetria delle scoperte di Pompei ed inviate poi in tutta Europa, facendo diventare il luogo tappa obbligata del Grand Tour: grazie a queste pubblicazioni, Charles François Mazois, venuto a conoscenza degli scavi vesuviani, lavorò a Pompei tra il 1809 ed il 1813 editando poi Les ruines de Pompéi, la maggiore opera di epoca borbonica riguardante gli scavi; divisa in quattro sezioni, la prima parte del testo descriveva la rete viaria, tombe, porte e mura, la seconda fontane e case, la terza gli edifici pubblici e la quarta teatri, templi e l'urbanistica.
Con Ferdinando II prima, e Francesco II poi, l'interesse per l'area archeologica di Pompei andò nuovamente scemando ed i due utilizzarono il sito solo come una sorta di museo per i loro ospiti: fu visitato da Alexandre Dumas nel 1835, papa Pio IX nel 1849 e Massimiliano II di Baviera nel 1851. Vengono riportate alle luce nel 1845 le aree circostanti di Via dell'Abbondanza e recuperate Via Stabiana, Via della Fortuna e Via di Nola; si assiste inoltre ad un primo parziale restauro delle strutture già esplorate, come quelle delle Terme del Foro e delle Terme Stabiane. Altro evento importante fu nel 1840 la costruzione della linea ferroviaria da Napoli verso Nocera, con la stazione nei pressi di Porta Marina, che permetteva un più facile raggiungimento del sito da parte di un maggior numero di persone. Oltre alle normali pubblicazioni, in questo periodo prende il via una nuova forma di documentazione, ossia quella fotografica, anche se utilizzata per scopi turistici, piuttosto che di studio e restauro: risale al 1851 la prima serie completa di fotografie su Pompei, realizzate dall'architetto Alfred Nicolas Normand. Dal 1854 cominciarono inoltre una serie di pubblicazioni intitolate Le case e i monumenti di Pompei disegnati e descritti con tavole a colori, che aumentarono notevolmente la fama di Pompei in Europa. Nel 1863 fu introdotta la tecnica dei calchi, ossia si intuì che riempiendo con gesso le tracce lasciate dalla decomposizione dei materiali organici, si poteva risalire a persone, piante e oggetti della vita romana. Tra il 1870 ed il 1885 fu redatta la prima mappa dell'intera area pompeiana, opera di Giacomo Tascone, costantemente aggiornata ed al contempo fu creato il plastico 1:100, oggi conservato al museo archeologico nazionale di Napoli, che riproduceva l'intera area degli scavi. Nel 1875 il complesso delle rovine di Pompei passò nelle mani della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti del Regno, che affidò l'opera di esplorazione a Michele Ruggero, il quale proseguì la campagna di scavo lungo la Via di Nola, portando alla luce la Casa delle Nozze d'Argento, ricostruendo la sala corinzia e l'atrio: non fu l'unico esempio di ricostruzione, in quanto anche in altre strutture furono rifatti i tetti e ricostruite le mura, soprattutto per preservare gli affreschi che sempre più spesso venivano conservati al loro interno piuttosto che asportarti; furono inoltre rinvenute, nella parte sud della città, alcune case a terrazza. Sempre in questo periodo ci fu il ritrovamento della statua del Satiro e dell'affresco di Bacco ed il Vesuvio nella Casa del Centanario e delle tavolette cerate, ossia dei documenti sulla contabilità, nella casa di Lucio Cecilio Giocondo, decifrate poi da Giulio De Petra. Nel 1878 furono operate le prime ricerche per l'individuazione della linea di costa prima dell'eruzione del Vesuvio del 79, mentre nel 1884, 1888 e 1889, all'interno del tempo Dorico, vennero realizzate delle ricerche in profondità per accertare la presenza di tracce pre-romane e per comprendere lo sviluppo urbanistico della città. Nell'ultimo decennio del XIX secolo fu esplorata la zona settentrionale della città, che portò alla scoperta della Casa dei Vettii, oltre allo scavo della cinta muraria compresa tra le torre IX e X. Gl'inizio del XX secolo fu caratterizzato dalla decisione di poter lasciare effettuare a privati sessioni di scavo, per lo più al di fuori della antica città: questo provvedimento, molto discusso, provocò la perdita di notevoli reperti, ma permise al contempo di ottenere importanti informazioni su opere fondamentali dei pompeiani della città come ad esempio sul porto, che fu individuato tra il 1899 e il 1901, nei pressi di un canale del fiume Sarno. Antonio Sigliano divenne direttore degli scavi nel 1905 e promosse un importante progetto di esplorazione, che purtroppo non riuscì a concludere: si trattava di una serie di sondaggi sotterranei, per conoscere la storia pre-romana di Pompei ed allo stesso tempo diverse esplorazioni di necropoli nei pressi delle porte Vesuvio, di Nola e di Ercolano, queste ultime di origine sannitica. Nel 1911 Vittorio Spinazzola divenne il nuovo direttore degli scavi: sotto la sua dirigenza, le indagini archeologiche si spostarono dalla parte settentrionale a quella meridionale della città; altro obiettivo del nuovo direttore era quello di unire l'Anfiteatro con il centro della città e di utilizzare metodi di scavi meno invasivi, in quanto convinto che molte case fossero dotate di un secondo piano, così come dimostrato da diverse pitture, ma che durante gli scavi veniva distrutto: l'intuizione di Spinazzola fu giusta e durante le esplorazioni nei pressi di Via dell'Abbondanza la sua tesi venne confermata; in questo modo si venne a conoscenza che Pompei non era solo fatta di case residenziali, ma che aveva anche un ruolo produttivo e commerciale: in tale periodo furono scoperti Lavanderia Stephani ed il Thermopolio di Asellina. Nel 1924 divenne direttore Amedeo Maiuri, incarico che mantenne per ben 37 anni: questo lungo arco di tempo fu uno dei più vivaci per la storia delle rovine. Venne completato lo scavo dell'anfiteatro e della palestra grande, si proseguì lo scavo lungo Via dell'Abbondanza, tra il 1929 ed il 1930 fu completato lo scavo di Villa dei Misteri, già iniziato nel 1909, furono completamente ripristinate le antiche mura e si iniziarono indagini alla necropoli di Porta Nocera ed alle ville urbane sul lato meridionale della città; inoltre proprio il Maiuri condusse studi stratigrafici utile per la ricostruzione cronologica di Pompei. A partire dai primi anni del XX secolo si iniziò ad usare la fotografia come mezzo di studio, così come i disegni passarono da un modello artistico ad uno più tecnico; le tecniche di scavo divennero più precise e tutti gli elementi asportati, come tetti, finestre e porte, rimossi per evitare crolli agli edifici, venivano poi riposizionati al loro posto una volta terminata l'esplorazione. Nel 1997 l'area archeologica di Pompei, insieme a quella di Ercolano ed Oplonti, entrò a far parte della lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
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