Giornalismo - E' morto Giampaolo Pansa |
Scritto da Redazione |
Lunedì 13 Gennaio 2020 00:24 |
Scrittore, polemista, commentatore, firma dei più importanti quotidiani italiani, dalla Stampa, dove ottenne il suo primo contratto giornalistico, nel 1961, al Giorno, dal Corriere della Sera a Repubblica (di cui è stato vicedirettore) al Messaggero, dall'Espresso a Epoca a Panorama, Giampaolo Pansa, morto a Roma all'età di 84 anni, ha raccontato con acume la società e la politica italiana, mettendo alla berlina i vizi della classe dirigente e soprattutto proponendo un punto di vista controcorrente, sempre in grado di stimolare il dibattito e la riflessione.
Nativo di Casale Monferrato, dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato con 110/110 e lode in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Torino con una tesi intitolata Guerra partigiana tra Genova e il Po (relatore Guido Quazza). Il lavoro gli procurò il «premio Einaudi» (la tesi fu poi pubblicata da Laterza nel 1967). Durante gli anni universitari, Pansa fu anche allievo di Alessandro Galante Garrone, professore ordinario di Storia Moderna e Contemporanea, il quale lo indirizzò per primo verso gli studi storici sulla Seconda guerra mondiale e sulla Resistenza italiana.
Dal matrimonio con Lidia, nel 1962 ha avuto un figlio, Alessandro, ex amministratore delegato di Finmeccanica, morto l'11 novembre 2017, all'età di 55 anni Adele Grisendi, scrittrice, è stata sua compagna. Carriera giornalistica
Nel 1961 entrò nel quotidiano torinese La Stampa. L'elenco delle sue collaborazioni è il seguente:
Nella carriera di Pansa hanno avuto un ruolo preponderante i giornali del Gruppo L'Espresso (la Repubblica e L'Espresso), coi quali Pansa ha collaborato ininterrottamente dal 1977 al 2008. Negli anni della sua collaborazione alla Repubblica, Pansa fu tra i rappresentanti della linea editoriale vicina alla sinistra di opposizione, senza risparmiare critiche anche al Partito Comunista Italiano. Sono note inoltre alcune sarcastiche definizioni che Pansa ha dedicato a politici italiani: "Parolaio rosso" per Fausto Bertinotti, "Dalemoni" allusiva al cosiddetto "inciucio" tra Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi ai tempi della Bicamerale. Pansa non fu tenero neanche con i colleghi giornalisti: nel 1980 scrisse su La Repubblica un articolo titolato «Il giornalista dimezzato», nel quale stigmatizzava il comportamento, da lui giudicato ipocrita, dei colleghi che, a suo dire, "cedeva[no] metà della propria professionalità al partito, all'ideologia che gli era cara e che voleva[no] comunque servire anche facendo il [proprio] mestiere".
Il 30 settembre 2008, trovandosi in contrasto con la linea editoriale, lasciò il Gruppo Editoriale L'Espresso. Da allora ha scritto sui seguenti giornali:
Romanzi e saggi storici
La sua attività ha avuto come principale interesse la Resistenza italiana, già oggetto della sua tesi di laurea (pubblicata da Laterza nel 1967 con il titolo Guerra partigiana tra Genova e il Po).
Nel 2001 Pansa pubblica Le notti dei fuochi, sulla guerra civile italiana combattuta tra il 1919 e il 1922, conclusa con la presa del potere da parte del fascismo. Nel 2002 esce I figli dell'Aquila, racconto della storia di un soldato volontario dell'esercito della Repubblica sociale italiana. Comincia poi il ciclo «dei vinti», cioè una serie libri sulle violenze compiute da partigiani nei confronti di fascisti durante e dopo la seconda guerra mondiale: Il sangue dei vinti (vincitore del Premio Cimitile 2005), Sconosciuto 1945, La Grande Bugia e I vinti non dimenticano (2010).
Pansa recupera fonti come Giorgio Pisanò e Antonio Serena e racconta molte storie personali di cosiddetti "vinti" con metodo già descritto da Nicola Gallerano e in una forma che è stata definita un misto fra romanzo storico, feuilleton e pamphlet per il gruppo delle sue sei opere principali sulla resistenza.
Nel 2011 pubblica Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri, in cui ritrae l'Italia degli umili tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX attraverso la storia dei propri nonni e genitori.
Le polemiche
In particolare per Il sangue dei vinti, Pansa è stato oggetto di critiche in quanto avrebbe "infangato" la Resistenza utilizzando, a detta dei detrattori, quasi esclusivamente fonti revisioniste di parte fascista accuse che Pansa ha sempre respinto con decisione, sostenendo di aver utilizzato fonti di diverso colore politico e di aver spesso descritto i crimini che certi esponenti fascisti avevano commesso ai danni dei partigiani prima di essere a loro volta uccisi. Durante la presentazione dei suoi libri in alcune occasioni Pansa è stato oggetto di contestazione da parte di centri sociali di estrema sinistra, nonché da storici, che accusano l'autore di revisionismo. In un caso ci sono stati tafferugli tra gruppi di sinistra e di destra, entrambi presenti all'evento. Tali episodi sono stati condannati dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dal presidente del Senato Franco Marini. Vi è stato anche chi, come Galli della Loggia, ha giudicato positivamente il lavoro di Pansa, chiedendosi però come mai l'Italia si permetta di far luce sui crimini ignorati della sua storia solo quando sono gli intellettuali di sinistra a renderli noti al grande pubblico. Anche lo storico Sergio Luzzatto, dopo una iniziale perplessità su Il sangue dei vinti, che comportò da parte sua anche dure prese di posizione, dichiarò in seguito che nelle sue opere «nulla si inventa» e c'è «rispetto per la storia».
Il libro successivo, La Grande Bugia, è dedicato proprio alle reazioni suscitate da Il sangue dei vinti. Anche quest'opera è stata oggetto di critiche. I gendarmi della memoria ha chiuso il trittico aperto da Il sangue dei vinti: è un atto di accusa contro quanti, a suo avviso, non accettano alcuna forma di ripensamento o di autocritica su quel periodo.
Opere
Il «ciclo dei vinti»
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